Salute e dimagrimento Archives - Ludovico Palma Nutrizionista

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8 Agosto 2025

Con l’arrivo delle vacanze estive uno dei dubbi più frequenti per chi sta seguendo un percorso nutrizionale è: “Come gestirò la dieta in ferie?”. La risposta, ovviamente non può essere né  un semplice “sì” né un “no. Come nutrizionista, farei un ragionamento che mette al primo posto il benessere fisico e mentale, trovando un equilibrio che consenta di gestire tutto senza stress. 

Dieta non significa privazione

Prima di tutto è importante andare oltre l’associazione della parola dieta a restrizione e sacrificio. Infatti, la parola dieta deriva dal greco “dìaita”, ossia stile di vita

Se invece per dieta si intende seguire un’alimentazione che preveda una restrizione calorica, allora il mio consiglio è di evitare. Le ferie e le vacanze sono un momento di relax, divertimento e svago oltre che di convivialità e socialità. Senza ipocrisie, avrebbe poco senso seguire rigidamente la dieta per 1 o 2 settimane, perché l’impatto di queste su un percorso molto più lungo è minimo. Inoltre, durante le vacanze ci si sposta e si viaggia, quale migliore occasione per conoscere e gustare nuovi cibi e nuove ricette di paesi diversi ? 

Così, il suggerimento è quello di seguire una dieta che non rinunci ai piacere della tavola ma che permetta di trovare un equilibrio. Godersi il cibo senza esagerare, ovviamente non è facile ma chi ha avuto modo di seguire un percorso nutrizionale sa cosa intendo.  

Tuttavia, in questo articolo cercherò di fornire dei piccoli consigli che possano aiutare nella gestione dell’alimentazione in un periodo così bello dell’anno. 

Provare a mantenere le buone abitudini anche in vacanza

Nota bene, ho detto provare…

Sospendere completamente il percorso nutrizionale durante le ferie e darsi completamente alla pazza gioia per l’intero periodo può avere alcuni svantaggi:

  • Aumenti di peso indesiderati
  • Gonfiore e difficoltà digestive
  • Perdita di motivazione al rientro

Al contrario, mantenere alcune buone abitudini alimentari, anche in modo più flessibile, può aiutare a sentirsi meglio, più leggeri e in equilibrio con il proprio corpo.

Come gestire la dieta in ferie senza stress?

Ecco alcuni consigli pratici per non vanificare i progressi fatti e vivere le vacanze con serenità:

  • Flessibilità intelligente

Concedersi qualche sfizio è normale e sano, ma senza trasformare ogni pasto in un’occasione per eccedere. Impiegare un approccio 80/20: 80% di pasti bilanciati, 20% di libertà, facendo attenzione alle porzioni.

  • Non saltare i pasti

Essere a digiuno per molto tempo contribuisce a ritardare il senso di sazietà inducendo a mangiare di più. Così, sarebbe importante mantenere anche in ferie una routine alimentare (colazione, pranzo, cena e spuntini) che aiuta ad evitare abbuffate e cali di energia.

  • Muoversi di più

Sfruttare il tempo libero a disposizione in attività che aumentino il dispendio energetico e stimolino la massa muscolare. Ad esempio: Camminate in spiaggia, nuotate o passeggiate in montagna: l’attività fisica non deve sparire in vacanza, anzi può diventare un piacere! 

Attenzione, spesso il dispendio energetico dell’attività sportiva è sovrastimato, non si pensi di compensare un’assunzione di cibi ipercalorici a volontà con un minimo di esercizio.

  • Idratazione sempre

Il caldo estivo e la maggiore attività fisica può aumentare il rischio di disidratazione. Bere almeno 1,5-2 litri d’acqua al giorno è fondamentale per sentirsi attivi, favorire la digestione, la regolarità intestinale ed il senso di sazietà.

La dieta non va in vacanza, ma cambia ritmo

Seguire la dieta in ferie ha senso solo se l’obiettivo è il benessere psicofisico, non la perfezione e la ricerca ostinato di dimagrimento. Le vacanze sono un momento prezioso per riconnettersi con il proprio corpo, ascoltarlo senza le pressioni della routine quotidiana in totale serenità. 

In conclusione ha senso fare la dieta in ferie, ma solo se la si intende come uno stile di vita flessibile, consapevole e sostenibile. Niente sensi di colpa, solo equilibrio e serenità.

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4 Marzo 2025

La dieta flessibile è un tipo di alimentazione che è stata studiata per la prima volta dal Dottor Joachim Westenhöfer negli anni novanta. Da lì in poi diversi professionisti della nutrizione, e non solo, hanno sviluppato idee e modelli partendo da questo presupposto e dando la loro interpretazione. Nella dieta flessibile la componente psicologica assume un ruolo centrale, quanto la nutrizione, tanto che si potrebbe parlare di psicologia della nutrizione. 

Nella psicologia della nutrizione si prendono in esame quei comportamenti psicologici che influenzano le sensazioni di fame, sete ed appetito che determinano l’assunzione di cibo. Inoltre, si tengono in considerazione sempre anche i meccanismi biologici della nutrizione.

L’obiettivo sarebbe quello di comprendere il comportamento alimentare umano che determina le scelte in ambito dietetico per promuovere il più possibile atteggiamenti sani.

Da sempre, ho personalmente considerato molti di questi aspetti per poi poter sviluppare piani alimentari flessibili ed adattabili alle esigenze e possibilità delle persone.

Comportamento Alimentare nella dieta flessibile

Il comportamento alimentare secondo questa teoria nasce a partire da tre componenti principali:

  1. Segnali interni come possono essere la fame  e la sazietà;
  2. Segnali esterni , come l’allenamento , le tradizioni gastronomiche o gli ideali di bellezza;
  3. Impostazioni razionali o pseudo-razionali (controllo cognitivo).

Così, secondo la dieta flessibile gli aspetti comportamentali, psicologici, sociali e culturali sono estremamente importanti in un percorso di dimagrimento. Sarebbe limitante valutare solo l’aspetto nutrizionale e dei funzionamenti fisiologici e biologici. 

Questo garantisce un tipo di alimentazione che possa prevedere un programma flessibile in contrapposizione alle solite diete molto rigide e poco lungimiranti. Un programma flessibile, che segua queste caratteristiche, si adatta meglio alle esigenze ed abitudini della persona garantendo maggiori risultati a lungo termine. 

Infatti, ad oggi tanti programmi dietetici proposti mirano ad ottenere massimi risultati in tempi brevi sacrificando molto e senza considerare il mantenimento sul lungo periodo. Ciò non vuol dire che gli aspetti puramente nutrizionali non abbiano più importanza nel controllo del peso ma che vadano integrati con quelli psicologici. Il cibo ed il mangiare hanno una forte componente edonistica, sociale e di gratificazione, quindi psicologica che va tenuta sempre in considerazione. 

Il fine non è soltanto sapere come e quanto mangiare ma fare in modo di creare delle abitudini sostenibili che durino nel tempo. Molti professionisti della psicologia e nutrizione si sono cimentati in questi approcci con notevoli risultati.

Come Impostare il piano alimentare flessibile

Allo stesso tempo, avere un’alimentazione flessibile non vuol dire certamente mangiare tutto ciò che si vuole, quando si vuole e senza raziocinio. 

E’ sempre bene far riferimento alle linee guida di una corretta e sana alimentazione che vanno adeguate ai diversi fattori che concorrono alla flessibilità, come: 

  • Abitudini alimentari familiari e culturali;
  • Orari della giornata e tipo di attività sportiva;
  • Obiettivo rispetto al percorso nutrizionale;
  • Patologie esistenti o pregresse;
  • Aspetto psicologico e rapporto con il cibo. 

Questi sono gli aspetti principali dei quali tenere conto di cui, in primis, va considerato l’obiettivo da ottenere per determinare quantità ed apporto calorico. 

Così, per ottenere un dimagrimento bisogna calibrare un piano alimentare ipocalorico che abbia una riduzione calorica rispetto ai fabbisogni. Se invece, l’obiettivo è di mantenimento o miglioramento della composizione corporea e della prestazione sportiva è necessaria una dieta che non abbia né deficit né surplus energetico. Nel caso in cui si volesse aumentare la massa muscolare è fondamentale stabilire un aumento calorico corretto ed appropriato secondo le giuste proporzioni.

Cosa si può mangiare?

Poi va anche considerata la ripartizione dei macro e micronutrienti, per questo è bene affidarsi ad un nutrizionista o medico. Così facendo si potrà avere un piano alimentare correttamente bilanciato ed equilibrato con giusti apporti di carboidrati, proteine, grassi, fibra vitamine e Sali minerali.

Ad esempio, un aspetto sul quale è necessario trovare un compromesso è l’apporto di frutta e verdure, che garantiscono fibra, vitamine e sali minerali. Infatti, per piano alimentare flessibile si intende un’alimentazione che sia costituita per l’80% da cibi salutari e per il 20% da cibi considerati meno salutari. Tra i cosiddetti cibi salutari possiamo includere ad esempio: 

  • Legumi
  • Frutta
  • Verdura
  • Pesce
  • Uova
  • Latte e latticini 

Insomma tutto ciò che prevedono le linee guida di una corretta e sana alimentazione. E invece cos’è quel 20 % ? Come si può regolare ?  Nel prossimo capitolo vedremo come.

Pasti liberi “Si” o Pasti liberi “No” ?

Questo 20 % di alimenti, non propriamente considerati salutari, si può gestire a piacimento inserendo un pasto libero oppure distribuendo varie cose nella settimana.

Ad esempio, in una dieta ipocalorica ed a ridotto contenuto di carboidrati si potrebbe optare per la pizza o la pasta in quantità più alta e con condimenti più grassi. 

Non è da trascurare come il pasto libero conferisca alcuni vantaggi, tra cui quello sociale e conviviale di poter condividere un pasto fuori in compagnia senza restrizioni e paletti. Si possono consumare cibi di solito non concessi in diete restrittive ed ipocaloriche soddisfacendo eventuali voglie e quindi l’aspetto psicologico legato all’alimentazione. 

Un pasto singolo non è abbastanza lungo da influenzare i processi metabolici coinvolti a dieta ma neanche gli conferisce particolari vantaggi sempre in termini metabolici e fisiologici. Mentre un vantaggio di non poca rilevanza riguarda l’aspetto mentale e lo stress che può generare una dieta eccessivamente restrittiva. Questi  momenti di gratificazione riducono lo stress legato ad alimentazioni restrittive che a lungo andare possono provocare rifiuti ed abbandoni del percorso. 

Ovviamente anche il pasto libero ha dei limiti di buon senso, non si può mangiare scoppiando ed ignorando il senso della sazietà.  Questo momento deve rappresentare un pasto normale in cui ci si svincola dalle indicazioni e scegliendo ciò che si vuole ma sempre con controllo. Il non sapersi controllare ed incorrere in abbuffate potrebbe indicare un problema psicologico da trattare adeguatamente con un professionista del settore. 

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10 Gennaio 2025

I calcoli della colecisti o cistifellea sono una patologia molto comune, che è presente nel 10-15% della popolazione con una prevalenza maggiore nelle donne intorno ai quarant’anni.

Una corretta alimentazione con i dovuti accorgimenti  può aiutare la gestione della patologia ed influenzare positivamente lo stato di salute. E’ bene che venga prima effettuata una corretta diagnosi dal medico e poi stabilita con lo stesso o con un nutrizionista una corretta nutrizione.

Cos’è ed a cosa serve la cistifellea?

La colecisti o cistifellea è un organo muscolare cavo a forma di pera che si trova sotto al fegato, sul lato destro dell’addome. La funzione di questo organo è quella di accumulare un liquido: la bile, prima che questa raggiunga l’intestino tenue. Questo liquido è prodotto dal fegato ed è utile nella digestione dei grassi ingeriti con l’alimentazione. La bile è una soluzione acquosa prodotta dal fegato e costituita principalmente da acqua (95%), elettroliti, lipidi (acidi biliari, colesterolo e fosfolipidi), proteine e bilirubina.

Quindi la cistifellea ha due funzioni principali: deposito della bile, fino a 40-70 ml, e sua modificazione. La sua composizione viene gradualmente modificata con l’assorbimento di acqua. L’emissione della bile da parte della cistifellea viene stimolata da un ormone che si chiama colecistochinina, immesso nel circolo duodenale quando arriva il chimo. Quest’ultimo è un liquido molto ricco di acqua ed è composto dai succhi gastrici, dal cibo digerito, dall’acido cloridrico e dagli enzimi digestivi. 

Malattie dovute ad alterato accumulo e secrezione di bile

Quando la bile diventa troppo concentrata ,  si formano cristalli minerali insolubili e sali chiamati calcoli biliari. Si manifesta dunque una colelitiasi che non rappresenta un problema fino a quando i calcoli rimangono di dimensioni tali da poter passare attraverso i dotti. Quando invece i calcoli ostruiscono i dotti e non vengono escreti si manifesta la sintomatologia dolorosa della colecistite. La cistifellea è gonfia e infiammata, possono svilupparsi infezioni e, se non viene rimosso il blocco, è necessario intervenire. 

I calcoli piccoli possono essere chimicamente distrutti tramite una sostanza, metil terz-butil etere, che se introdotta nella cistifellea agisce in poche ore. Purtroppo, però, la colecisti tende a recidivare spesso. Così, poiché la rimozione della cistifellea non sembra avere alcuna ripercussione sulla salute generale e sui normali processi digestivi, spesso viene direttamente asportata. L’intervento viene effettuato con un laparoscopio introdotto attraverso un’incisione di dimensioni limitate. Un altro approccio terapeutico per il trattamento della colelitiasi prevede l’immersione del paziente in acqua e la frantumazione dei calcoli con ultrasuoni. 

Calcoli della cistifellea e Alimentazione : Fattori di rischio

Tra i principali fattori di rischio che possono causare colelitiasi vi sono:

  • Obesità e sovrappeso;
  • Dieta ricca di grassi e povera di fibra;
  • Diabete di tipo 2;
  • Stipsi;
  • Rapido dimagrimento con diete fortemente ipocaloriche. 

La sintomatologia invece può essere presente o meno, molti pazienti che soffrono di colelitiasi rimangono senza sintomi per tanti anni. In altri casi, invece, i calcoli possono causare sintomi o complicanze anche severe. 

Il sintomo più comune è quello della colica biliare, che spesso avviene dopo il pasto e provoca un dolore improvviso ed acuto nella parte destra dell’addome. Il dolore può avvenire sotto forma di fitte che durano pochi minuti o alcune ore. 

Altri sintomi possono anche essere: nausea e vomito, dolore alla schiena, febbre o brividi, pelle ed occhi gialli, diarrea. Per fare una diagnosi di colelitiasi è necessario fare un ecografia addominale.

Alimentazione e colelitiasi

Avere un’alimentazione equilibrata può diminuire il rischio di sviluppare calcoli o ridurre gli episodi di coliche biliari oltre che migliorare l’efficacia dei farmaci per il trattamento della patologia. 

E’ consigliabile avere un’alimentazione ricca di fibre, evitando eccesso di grassi e zuccheri, mantenere una buona idratazione bevendo un paio di litri di acqua al giorno. Inoltre, consumare dei pasti non troppo abbondanti migliora la motilità della cistifellea e riduce il rischio di accumulare colesterolo nella bile. Infine, preferire cotture semplici come la cottura a vapore, ai ferri, alla griglia o piastra, al forno o al cartoccio. 

Calcoli della cistifellea e Alimentazione: Quali cibi evitare?

Ci sono alcuni alimenti che possono avere un maggior riscontro negativo per i calcoli biliari, vediamo insieme i principali: 

  • Superalcolici e alcolici.
  • Condimenti grassi come burro, lardo, strutto, panna, margarine, etc.
  • Salse con panna, sughi molto cotti con abbondanti quantità di olio.
  • Brodo di carne, estratti per brodo, estratti di carne.
  • Insaccati ad alto contenuto di  grassi saturi come mortadella, salame, salsiccia, pancetta, zampone, etc.
  • Pesci grassi (es. anguilla, aringa, salmone, capitone, etc.), molluschi e crostacei.
  • Carni grasse, affumicate, marinate e salate. Selvaggina e frattaglie.
  • Latte intero.
  • Cibi tipici da fast food o junk food, in questi alimenti ci possono essere elevate concentrazioni di grassi trans , che se assunti in eccesso sono dannosi per la salute. 

Questo elenco rappresenta una panoramica generica di alimenti che deve essere modulata, insieme a tanti altri cibi e comportamenti, secondo le caratteristiche del paziente. E’ importante l’intervento di un professionista, che sia un medico o un nutrizionista, per creare un’alimentazione sana ed equilibrata secondo questi e tanti altri aspetti.

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25 Giugno 2024

I dolcificanti intensivi o sostituti dello zucchero sono degli additivi alimentari usati per dare un gusto dolce ad alimenti e bevande. Per lo più sono sfruttati per non utilizzare quantità elevate di zucchero in alimenti come:

  • Bibite analcoliche; 
  • Dessert; 
  • Prodotti lattiero caseari;
  • Dolci e gomme da masticare;
  • Prodotti dietetici a ridotto tenore calorico.

I dolcificanti possono essere prodotti secondo tecniche differenti, ad esempio per estrazione da piante come per la stevia e la taumatina. In particolare la taumatina sembra essere la sostanza naturale tra le più dolci al mondo. E’ presente all’interno di un frutto esotico, Thaumatococcus daniellii, ed ha un potere più dolcificante di circa 2000 volte rispetto allo zucchero.

Sono molto usati anche i dolcificanti di origine sintetica come la saccarina, l’aspartame o l’acesulfame

Questi composti agiscono dal punto di vista fisiologico e biochimico stimolando il recettore del sapore dolce presente sulla lingua e in tutta la bocca. 

Dolcificanti nella dieta : la classificazione

I dolcificanti si suddividono principalmente in due categorie quelli nutritivi e quelli intensivi. I dolcificanti nutritivi sono quelli che apportano energia , tra i quali possiamo trovare gli zuccheri semplici, l’isomaltulosio, il trealosio oltre che lo sciroppo di glucosio-fruttosio. Queste tipologie di dolcificanti sono considerati ingredienti a  tutti gli effetti e classificati come tali sulle etichette degli alimenti. Invece, i polioli (xilitolo, mannitolo, sorbitolo, maltitolo) seppur appartenenti a questa categoria di dolcificanti sono inclusi tra gli additivi alimentari.

I dolcificanti intensivi hanno un’elevata capacità dolcificante ed un apporto energetico molto basso o quasi nullo. Quest’ultimi sono tutti additivi alimentari e proprio in virtù di queste caratteristiche considerati come sostituti dei dolcificanti nutritivi. Tra i dolcificanti intensivi vi è ulteriore suddivisione che abbiamo già accennato inizialmente tra dolcificanti naturali e artificiali. 

I dolcificanti naturali sono: glicosidi steviolici, taumatina, neoesperidina, monellina e glicirizzina. Mentre i dolcificanti sintetici sono: saccarina , sucralosio, aspartame, acesulfame k, ciclamati. 

In quanto additivi alimentari la presenza di un dolcificante deve essere indicata sull’etichetta di un alimento mediante la sua denominazione o tramite il codice E. Il codice E è un codice numerico identificativo stabilito all’interno dell’Unione Europea per un particolare additivo. 

L’ente che valuta la sicurezza e denominazione degli additivi alimentare è l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare. 

I nuovi dolcificanti prima di essere immessi nel mercato devono ovviamente essere valutati sicuri proprio dall’EFSA. 

I dolcificanti aiutano a dimagrire?

Dal punto di vista energetico i dolcificanti intensivi fanno risparmiare calorie, quindi sono utili per dimagrire e per chi ha problemi nel metabolismo degli zuccheri. Spesso, però, questi prodotti sono ritenuti più accessibili in virtù di queste proprietà ipocaloriche inducendo ad un consumo eccessivo. Questo atteggiamento è scorretto perché non si educa il palato e la psiche ad una corretta frequenza di assunzione dei cibi dal gusto dolce. 

Nel caso invece di diete particolarmente restrittive, come la dieta chetogenica, rappresentano una valida alternativa per poter sopperire agli zuccheri che devono essere esclusi. Ciò non significa poter abusare di questi cibi, è raccomandabile confrontarsi con il proprio medico o biologo nutrizionista per valutarne la corretta assunzione. 

Sarebbe auspicabile limitare l’assunzione di cibi dolci , seguendo le linee guida di una corretta e sana alimentazione abituando il palato a sapori meno dolci. Come per il salato sono sufficienti solo alcune settimane per abituarsi a cibi meno dolci. 

Dolcificanti nella dieta: quali sono quelli sicuri?

L’organizzazione deputata alla valutazione della sicurezza alimentare in Europa è l’EFSA. E’ lei a stabilire dopo un’accurata e attenta analisi se un dolcificante può essere utilizzato ed in che quantità. 

L’EFSA stabilisce la dose giornaliera ammissibile (DGA) rispetto ad ogni sostanza immessa in commercio tra cui anche i dolcificanti. Quindi secondo gli studi attuali, se consumati nelle quantità indicate i dolcificanti non rappresentano alcun rischio per la salute. Ad esempio nel caso dell’aspartame, la DGA fissata è di 40mg/kg di peso corporeo. Un adulto di 60kg per superare la DGA di aspartame dovrebbe bere al giorno 12 lattine da 330ml con la massima dose di aspartame autorizzata. Infatti, da indagini sul consumo di dolcificanti nella popolazione italiana si è stimato che l’esposizione a queste sostanze è molto al di sotto della DGA.

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13 Giugno 2024

Circa il 15% della popolazione mondiale soffre di sindrome dell’intestino irritabile, conosciuto con l’acronimo inglese IBS (Irritable Bowel Syndrome). E’ una malattia cronica causata da un’eccessiva comunicazione reciproca tra cervello e intestino. Le cause sono differenti e possono essere ad esempio : disbiosi ed alterazione del microbiota, predisposizione genetica, fattori ambientali e anatomofisiologici. 

La dieta FODMAPs è un protocollo alimentare basato su recenti e nuovi studi, utilizzato con successo nel trattamento dei sintomi del colon irritabile. L’acronimo inglese FODMAPs sta per Fermentable – Oligo-Di-and Monosaccarides And Polyols, ossia differenti tipologie di zuccheri a catena corta più fastidiosi per il paziente affetto da IBS. 

Questo tipo di dieta è stata elaborata per la prima volta nel 2004 dalla Monash University, a Melbourne, in Australia, vediamone insieme le caratteristiche. 

Sindrome Colon Irritabile caratteristiche e sintomi

La sindrome dell’intestino irritabile è una delle patologie intestinali più diffuse che colpisce soprattutto le donne sotto i 50 anni di età.

È una patologia cronica-ricorrente caratterizzata da dolore addominale e alterazione della funzione intestinale. Eventi stressanti sia a livello fisico che psichico possono aggravare i sintomi, infatti in questa patologia la componente psicosomatica è importante.

Di solito i sintomi tipici della sindrome da intestino irritabile sono: 

  • Tensione addominale  e mal di pancia;
  • Alvo intestinale irregolare : stipsi , diarrea o un’alternanza delle due;
  • Meteorismo e flatulenza ;
  • Mal di testa , emicrania e cefalea;
  • Depressione;
  • Ansia;
  • Fibromialgia.

I sintomi possono cambiare nel tempo , con periodi di maggior problematicità e fasi di quiescenza in cui non si avverte alcuni disturbo. 

Perchè Colon Irritabile?

L’aggettivo irritabile è in riferimento al fatto che le terminazioni nervose presenti sulla mucosa intestinale sono più attive e sensibili del normale. Le terminazioni presenti sull’intestino servono a trasmettere gli impulsi dall’intestino al cervello e viceversa oltre che per la contrazione muscolare del tratto. Così in situazioni di maggiore stress, che sia di tipo fisico o psichico, l’intestino delle persone affette da Sindrome del Colon irritabile (IBS) risponde in maniera esagerata. Questo accentua i sintomi elencati precedentemente e soprattutto crea il classico disagio intestinale caratterizzato da diarrea, gonfiore, dolore addominale, una sensazione di pienezza e gas. 

Se le contrazioni muscolari sono coordinate ma molto aumentate , le feci possono avanzare più rapidamente attraverso il colon con la comparsa della diarrea. Mentre se le contrazioni muscolari sono diminuite e non coordinate , vi è un rallentamento della progressione delle feci nel colon con presenza di stitichezza. 

La diagnosi viene eseguita dal medico attraverso una minuziosa anamnesi, ecografia addominale e delle analisi ematiche per escludere la presenza di altri problemi intestinali. Infatti , alcuni pazienti possono soffrire in maniera concomitante di altri disturbi gastrointestinale come:

Dieta Low FODMAPs

Per quanto riguarda l’alimentazione esiste un protocollo che sta avendo, già da qualche anno, sempre più successo e seguito: si tratta della dieta Low FODMAPs. La dieta creata per la prima volta in Australia, presso la Monash University, prevede un basso contenuto di FODMAP. L’acronimo inglese indica gli zuccheri fermentabili presenti in cibi quali i derivati del grano, il latte e i latticini, vari tipi di frutta e verdura.

Quindi queste molecole sono zuccheri a catena corta e fibre che infastidiscono l’intestino del paziente affetto da colon irritabile. Tutto ciò avviene perché i batteri presenti nel colon ma anche nel lume del piccolo intestino fermentano questi composti, creando i fastidi classici prima elencati. 

I Fodmaps principali sono quindi: 

  • Lattosio;
  • Fruttosio;
  • Fruttani;
  • Polioli;
  • Galattani.
     

Il protocollo prevede così 3 fasi, una prima fase di eliminazione quasi totale dei cibi ad alto contenuto di Fodmaps di circa 4-6 settimane. La fase successiva prevede una graduale reintroduzione di questi cibi, valutando attraverso un diario sintomi e alvo intestinale.  Nella terza fase vi è il mantenimento della dieta con una stretta personalizzazione in base a come è andata la reintroduzione. Infatti c’è chi tollera meglio alcuni composti piuttosto che altri, quindi solo attraverso l’aiuto di un medico o nutrizionista si può stabilire un piano alimentare che tenga conto di tutti questi aspetti.

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26 Febbraio 2024

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD), conosciuta anche come fegato grasso, è una patologia piuttosto comune che riguarda circa il 40% della popolazione. Questa condizione consiste nell’accumulo di grasso nel fegato, non è patologica e non provoca sintomi particolari ma può evolvere in quadri clinici più severi. Ad esempio la steatosi può evolvere in steatoepatite, un’infiammazione, e in fibrosi che a lungo andare possono causare cirrosi epatica ed epatocarcinoma.

Il fegato è un organo fondamentale per il  benessere del corpo in quanto contribuisce alla digestione del cibo oltre che all’eliminazione di sostanze tossiche. Vediamo insieme come provare a prevenire o migliorare questa patologia attraverso un regime alimentare corretto.

Quali sono le cause?

Come già accennato nell’introduzione la steatosi è contraddistinta da un accumulo di grassi nel fegato. Di conseguenza le principali cause di questa patologia possono essere :

  • Dieta ipercalorica e sbilanciata
  • Ipertrigliceridemia
  • Sedentarietà
  • Diabete mellito di tipo 2 ed insulino resistenza
  • Ovaio policistico
  • Deficienza dell’ormone della crescita GH

Così, i soggetti che hanno maggior rischio di sviluppare la steatosi sono proprio chi non segue un’alimentazione corretta ed è obeso o in sovrappeso. Se oltre a ciò si aggiunge anche uno stile di vita sedentario ed anche la presenza di diabete il rischio aumenta notevolmente. Si ha una condizione di obesità quando l’indice di massa corporeo è superiore a 30 kg/m². 

Purtroppo la malattia è quasi sempre asintomatica, quindi non ci sono evidenti segnali che si possono valutare per scoprirla. Tra i lievi sintomi che si possono può includere vi sono:

  • Fatica.
  • Non sentirsi bene o malessere.
  • Dolore o fastidio nella zona della pancia in alto a destra.

Molto spesso la diagnosi avviene casualmente facendo altre indagini mediche di routine o più specifiche come per il diabete e patologie cardiovascolari. E’ invece estremamente importante avere una diagnosi precoce perché con un corretto atteggiamento alimentare ed una perdita di peso è possibile far regredire la patologia. Sembra che già con una diminuzione del 7% del peso corporeo sia possibile avere ottimi miglioramenti.  

Per diagnosticare preventivamente la steatosi epatica ci sono dunque gli esami del sangue, utili per valutare i livelli degli enzimi del fegato ed il profilo dei grassi. Oltre a ciò esami più specifici come quelli eseguiti mediante diagnostica per immagini (fibroscan, ecografie, ecocolordoppler o test epatici).

Qual’è il ruolo dell’alimentazione nella Steatosi Epatica?

Non esiste una vera cura e terapia contro il fegato grasso. La ricerca scientifica sta studiando diversi approcci con  antiossidanti, quali la vitamina E, ma ancora senza risultati evidenti.

Così il primo passo da fare in caso di steatosi è avere un’alimentazione sana e bilanciata oltre che uno stile di vita attivo. Sicuramente la perdita di peso ed una riduzione di zuccheri semplici e grassi saturi, soprattutto se in eccesso, rappresenta la base da cui partire. Oltre a ciò andrebbe aggiunto una corretta assunzione di fibre ed una drastica riduzione di bevande alcoliche.

Quindi riassumendo alcuni atteggiamenti delle linee guida sarebbe bene: 

  • Utilizzare cibi ad alto contenuto di fibra e basso contenuto di grassi saturi, preferendo quelli insaturi sempre nelle giuste quantità. 
  • Limitare i cibi ad alto contenuto di zuccheri.
  • Evitare cotture con grassi aggiunti preferendo cottura al vapore, al microonde, alla griglia, alla piastra o con la pentola a pressione.
  • Avere un apporto calorico bilanciato ed adeguato ai propri fabbisogni.
  • Assumere regolarmente frutta fresca e verdura evitando di eccedere con la frutta più ricca di zuccheri.
  • Consumare pasti in maniera regolare per avere una gestione della fame migliore consumando spuntini sani come ad esempio appunto yogurt, latte o frutta.

A quali alimenti bisogna prestare più attenzione ?

Gli alimenti che andrebbero sensibilmente ridotti in chi soffre di steatosi epatica sono: 

  • Alcolici inclusi vino e birra; superalcolici (liquori, grappe, cocktail).
  • Bevande zuccherate (coca-cola, aranciata, tè freddo, succhi di frutta con zucchero aggiunto). 
  • Cibi con alto contenuto di zucchero come dolci, frutta sciroppata, canditi.
  • Grassi in genere, in particolare quelli animali (burro, formaggi grassi, lardo, strutto e panna) i grassi idrogenati presenti nella margarina ed in prodotti industriali come quelli dei fast food
  • Altri alimenti di origine animale come frattaglie, insaccati, maionese ed altre salse grasse o con zucchero. 

Infine, anche se consentiti, porre attenzione al consumo di affettati, alimenti conservati e ad alto contenuto di sale. Mentre per i formaggi si dovrebbero preferire quelli freschi, a basso contenuto di grassi e limitandone il  consumo ad una/due volte alla settimana. 

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21 Gennaio 2021

Finite le festività natalizie in molti ricercano la dieta migliore ed efficace per il proprio benessere. Si leggono ovunque metodi innovativi, consigli miracolosi e diete bizzarre per dimagrire, vivere bene e a lungo.

Ma qual è realmente la dieta migliore ?

In primo luogo è bene che la dieta rispetti quello che la ricerca scientifica ha dimostrato attraverso articoli e documenti. La dieta migliore, di solito, è quella che si adatta alle nostre esigenze, al nostro stile di vita oltre che a patologie già diagnosticate.

Nessuna dieta è di per se miracolosa, nessun cibo magico. La dieta può avere degli aspetti comuni ma poi è prettamente soggettiva in base ad una moltitudine di fattori.

Vediamone insieme alcuni.

Obiettivo e motivazione:

In primis è opportuno stabilire il tipo di obiettivo da raggiungere, che ci renda realmente felici e soddisfatti una volta raggiunto.

L’obiettivo dovrebbe essere possibile, misurabile e definito nel tempo. Questo aiuterà a perseguirlo con costanza, dedizione, trovando tempo, organizzazione  e compiendo piccoli sacrifici di cui ci si ripagherà al momento della realizzazione.  

Dieta per dimagrire:

Se ne sentono di tutti i tipi, da tisane magiche a chi mangia solo minestrone, chi ha eliminato i carboidrati raffinati o i cibi ad alto indice glicemico.

Ma ciò che determina realmente se dimagriamo o ingrassiamo è il bilancio energetico. Mangiando più di quanto si consuma si ingrassa, viceversa si dimagrisce. Se invece entrate ed uscite si equivalgono si mantiene più o meno il peso e la composizione corporea.

Quindi l’efficacia di tante diete strampalate e commerciali si basa sul fatto che sono delle diete ipocaloriche, ossia che mangiamo meno di quanto consumiamo. Però, oltre al dimagrimento, sarebbe opportuno considerare il corretto funzionamento dell’organismo oltre che la gratificazione psicologica di mangiare in modo sano ma completo.

Seguire linee guida scientifiche ci permette di sapere cosa, quanto e con che frequenza mangiare le diverse tipologie di cibi.

Dieta mediterranea:

La dieta mediterranea è certamente un punto di riferimento, soprattutto per noi italiani. E’ supportata da molti studi scientifici, ma per dieta mediterranea si intende un tipo di alimentazione ormai lontana da come ci si alimenta oggi. (https://it.wikipedia.org/wiki/Dieta_mediterranea)

Ci si riferisce più alla dieta che seguivano i nostri nonni o bisnonni, con un’alta prevalenza di :

  • verdura ed ortaggi
  • frutta fresca ed a guscio
  • olio di oliva
  • cereali
  • legumi

Inoltre si deve considerare che le porzioni che venivano consumate un tempo erano inferiori rispetto ad oggi e lo stile di vita più attivo.

E la dieta per patologie e sport?

L’elaborazione della dieta deve tenere in considerazione delle patologie diagnosticate (ad esempio intolleranza al lattosio, diabete etc.). Secondo la diagnosi medica si seguirà un tipo di alimentazione adatta e specifica alla condizione del paziente.

Anche lo sport è un elemento importante per capire il dispendio energetico.

Diete rigide e senza una giusta valutazione dell’impegno sportivo sono inadatte, possono peggiorare la performance se non essere addirittura pericolose per la salute.

Stile di vita e dieta:

Lo stile di vita incide molto sul tipo alimentazione che si dovrebbe seguire. Lavoro e famiglia ci impegnano spesso nella maggior parte della giornata, adeguare l’alimentazione a tutto ciò è fondamentale.

Cercare di trovare insieme ad un professionista delle soluzioni pratiche e veloci è importante per raggiungere il tipo di obiettivo che abbiamo in mente. Una dieta sostenibile è basilare poiché si seguirà a lungo, garantendo un mantenimento dei risultati raggiunti senza stravolgere ritmi ed abitudini.

Ciò che spesso viene proposto dalle diete commerciali e prive di basi scientifiche è invece un miglioramento nel breve periodo. In questo modo non è presa in considerazione la fase di mantenimento né di educazione alimentare.

Si potrà mangiare a vita frullati o tisane senza poter mangiare una pizza, un dolce o un fritto?


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9 Giugno 2020

Le fibre alimentari sono presenti soprattutto in alimenti di origine vegetale ed hanno un ruolo essenziale per la salute e nelle diete per dimagrire. Le fibre aumentano molto l’indice di sazietà degli alimenti, per cui a parità di calorie uno che ne contiene di più sarà più saziante.

Che cosa sono le fibre?

Le fibre sono dei carboidrati che non sono digerite dell’intestino umano. Tuttavia, dire che le fibre alimentari non siano assimilabili non è del tutto corretto. Alcuni tipi di fibra sono digerite dai batteri presenti nell’intestino, ma solo in parte.

Verdura, frutta fresca, secca, legumi e cereali integrali contengono ottime quantità di fibra alimentare. Questi alimenti sono consigliati in diete dimagranti perché le fibre richiedono un tempo di masticazione più lungo, favorendo il senso di sazietà.

Che tipo di fibre esistono?

Le fibre alimentari si suddividono insolubili e solubili, in base alle loro proprietà chimico-fisiche.

Le insolubili (cellulosa, lignina, emicellulosa), non si sciolgono in acqua, resistono agli enzimi digestivi ed aumentano il volume delle feci.

Le fibre solubili (pectine, beta-glucani) si sciolgono in acqua, la assorbono e si trasformano in una massa gelatinosa.

Gli alimenti possono contenere sia fibra solubile che insolubile, ciò che cambia è la loro quantità. Ad esempio, i fagioli hanno un contenuto di fibra totale di 17,6 gr per 100 gr, di cui l’87% è costituito da fibra insolubile ed il restante da fibra solubile (tabelle crea).

Quali sono i principali alimenti che contengono fibre?

– Verdure

Carciofi, cardi, cavolfiore, carote crude, agretti, finocchi

– Frutta fresca e secca

Pere, kiwi, prugne secche, mele, albicocche, noci, nocciole

– Cereali, Pane e Legumi

Avena, farro, riso e pane integrale, fagioli, ceci, piselli

Perché le fibre sono importanti per la salute ed il dimagrimento?

Secondo le linee guida della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), bisognerebbe preferire alimenti naturalmente ricchi in fibra, consumandone 25 grammi al giorno.

Un’assunzione costante di fibra, oltre che di acqua, migliora la regolarità intestinale perché previene la stitichezza e la formazione di diverticoli.

Il consumo di giuste quantità di fibra diminuisce il tempo di contatto tra nutrienti ed intestino. Si determina così la riduzione dell’apporto calorico e di alcuni nutrienti. Così, spesso, migliorano anche i valori nel sangue di colesterolo, grassi e zuccheri.

Mangiare troppa fibra potrebbe ridurre l’assorbimento di vitamine o sali minerali. L’utilizzo di integratori che contengono fibra dovrebbe avvenire solo sotto il consiglio di un medico o di un nutrizionista.