Corretta Alimentazione Archives - Ludovico Palma Nutrizionista

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30 Settembre 2025

Quante volte si sente dire: “Ho seguito la dieta della mia amica, ma su di me non ha funzionato”? Questo accade perché non esiste una dieta valida per tutti. Esistono delle linee guida per una corretta e sana alimentazione, quelle sì, valide per tutti. Poi quando si va nel particolare le cose cambiano e subentrano molte variabili, tutt’altro che indifferenti. Ogni organismo è unico, e ciò che funziona per una persona non è detto che funzioni per un’altra, anzi in alcuni casi potrebbe risultare anche dannoso. In questo articolo scopriamo insieme perché è importante seguire una dieta personalizzata, studiata su misura da un biologo nutrizionista, medico o dietista e cosa rende ogni piano alimentare davvero efficace.

Perché le diete “uguali per tutti” non funzionano?

Se l’obiettivo è il dimagrimento, una dieta ipocalorica, ossia che apporti meno energia rispetto ai fabbisogni, indurrà sicuramente una perdita di grasso indipendentemente da chi la segue. Ma in che modo, per quanto tempo e a quale costo? 

Infatti, è fondamentale valutare anche la qualità del dimagrimento, se il peso perso ed il grasso vengono
mantenuti o ripresi dopo breve tempo. Ancora più importante è considerare lo stato di salute ed il benessere psicofisico raggiunto dalla persona dopo la dieta.

Quindi, vediamo insieme alcuni punti per cui le diete uguali spesso non funzionano su persone diverse:

1. Diversità genetica e metabolica

Ognuno di noi ha un profilo genetico e metabolico differenti. Alcune persone metabolizzano meglio i carboidrati, altre i grassi. Una dieta chetogenica può funzionare per alcuni, ma risultare controproducente per altri. Questo può derivare anche a causa di patologie. 

2. Stili di vita diversi

Chi fa un lavoro sedentario non ha le stesse esigenze nutrizionali di chi si allena tutti i giorni. Una dieta personalizzata tiene conto del livello di attività fisica, del ritmo sonno-veglia e dello stress quotidiano. Il dispendio energetico può essere diverso in base a tanti fattori, incluso anche età, sesso, peso, neat e massa muscolare. Inoltre, anche gli orari ed il tipo di lavoro possono influenzare la scelta di adottare una dieta piuttosto che un’altra.  

3. Obiettivi differenti

C’è chi vuole perdere peso, chi desidera aumentare la massa muscolare, chi deve tenere sotto controllo il colesterolo o la glicemia. Una dieta efficace parte sempre dall’obiettivo specifico.

4. Intolleranze, allergie e patologie

Un piano alimentare deve considerare eventuali intolleranze alimentari, allergie, disturbi gastrointestinali o condizioni croniche come il diabete, la celiachia, l’ipotiroidismo o la sindrome dell’intestino irritabile. Ovviamente anche le terapie mediche sono influenti sulla scelta di un tipo di piano alimentare o no. 

Cos’è una dieta personalizzata?

Una dieta personalizzata è un piano alimentare costruito su misura, basato su:

  • Analisi dei bisogni nutrizionali individuali
  • Valutazione della composizione corporea (massa magra, massa grassa, acqua)
  • Storia clinica e familiare
  • Analisi del sangue e altri esami diagnostici
  • Abitudini alimentari e stile di vita
  • Attività sportiva
  • Obiettivi a breve e lungo termine

Il tutto viene monitorato costantemente con adattamenti nel tempo, per garantire risultati duraturi e un reale miglioramento del benessere.

Dieta personalizzata : I vantaggi di affidarsi a un biologo nutrizionista

Un biologo nutrizionista può essere il professionista indicato per guidarti nel percorso di educazione alimentare. Non solo elabora la dieta, ma costruisce una dieta considerando tutte le variabili ed evitando le trappole delle diete “fai da te” o di moda.

Seguire una dieta efficace non significa solo “mangiare meno”, ma mangiare meglio, secondo le esigenze e necessità del proprio corpo, senza ignorare la salute psicofisica. La dieta personalizzata è la chiave per raggiungere il benessere, evitando frustrazioni, rinunce inutili e danni alla salute. 

Se senti di aver provato tante diete senza successo, forse è il momento di affidarti a un professionista che possa considerare tutti questi aspetti per te. Una dieta semplice e sostenibile è basilare poiché si seguirà a lungo, garantendo un mantenimento dei risultati raggiunti senza stravolgere ritmi ed abitudini.

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29 Maggio 2025

L’alimentazione è una componente importante per chi pratica attività sportiva, che sia a livello amatoriale o professionale. Una corretta alimentazione, stabilita da un piano nutrizionale personalizzato, contribuisce a migliorare la performance, accelerare i tempi di recupero e prevenire gli infortuni. Inoltre, in alcuni periodi dell’anno o della stagione tramite l’alimentazione si può migliorare la composizione corporea diminuendo la quantità di massa grassa. In questo articolo, vedremo le basi più importanti da tenere in considerazione quando si parla di alimentazione ed attività sportiva.

Di cosa si tratta?

L’alimentazione sportiva ha come principale obiettivo quello di garantire il corretto fabbisogno energetico e di nutrienti prima , durante e dopo l’attività sportiva. La giusta energia provvede a massimizzare la prestazione, mantenere l’equilibrio idro-elettrolitico ed ottimizzare il recupero muscolare. Un’alimentazione ottimale garantisce un adeguato apporto calorico e la presenza di tutti i principi alimentari, in modo da soddisfare le necessità metaboliche, di turnover e di accrescimento dei tessuti. 

Assumere apporti di liquidi, nutrienti ed energia minori della quantità ottimali, influenzano profondamente: 

  • i meccanismi di termoregolazione, 
  • la disponibilità di substrati, 
  • l’attività fisica e la prestazione,
  • i meccanismi di recupero dopo l’esercizio e le risposte adattative all’allenamento. 

In che modo contribuisce l’alimentazione nell’attività sportiva?

  • Migliora la resistenza e la forza muscolare
  • Favorisce una migliore composizione corporea
  • Riduce il rischio di crampi, affaticamento e infortuni
  • Aumenta la concentrazione e la motivazione

Nella valutazione complessiva è importante considerare il costo energetico di una particolare attività sportiva o sport, dell’allenamento e anche delle preferenze alimentari individuali. Non esiste un’unica dieta per preservare la salute o per il miglioramento della prestazione fisica. E’ importante pianificare e valutare una dieta in base a rigorosi principi nutrizionali. 

Soggetti fisicamente attivi devono ottenere un sufficiente apporto energetico e macronutrienti per costruire le riserve epatiche e muscolari di glicogeno, fornire gli aminoacidi essenziali per la crescita e rigenerazione tissutale.

I macronutrienti essenziali per lo sportivo

Una volta garantiti i fabbisogni calorici giornalieri e quindi la corretta energia bisogna lavorare sulla corretta distribuzione dei macronutrienti. I carboidrati sono un pilastro importantissimo dell’alimentazione sportiva in quanto forniscono la principale fonte energetica per il corpo.

Anche le proteine ed i grassi devono essere impostati secondo le corrette quantità, strettamente personali e dipendenti sia dal soggetto che dal tipo di attività sportiva. 

Carboidrati

Fonte primaria di energia. Devono essere presenti in quantità adeguata soprattutto prima dell’allenamento.

  • Fonti consigliate: cereali come riso, orzo, farro poi pasta, frutta, avena, pane.
  • Timing: prima e dopo l’allenamento per il ripristino del glicogeno

Infatti una dieta a basso contenuto di carboidrati compromette le riserve di glicogeno necessarie ad attività fisiche intense o allenamenti regolari. Questa condizione di basso apporto glucidico può portare a indebolimento e compromettere l’attività sportiva. 

Di solito la quantità di carboidrati consigliata può variare da 6-10 gr per kg di peso corporeo al giorno. Questa quantità varia in base al tipo di attività fisica svolta e dalla spesa energetica individuale. Queste quantità sono inerenti ad attività sportiva intensa e garantiscono la corretta quantità di glicogeno oltre che aiutare a preservare le proteine. 

Proteine

Per gli atleti che si allenano intensamente , un apporto proteico di 1,2 -1,8 per kg di massa corporea potrebbe soddisfare l’addizionale fabbisogno di nutrienti proteici. 

Fondamentali per la ricostruzione muscolare, le proteine costituiscono i mattoni per la sintesi del materiale cellulare durante i processi anabolici. In alcune condizioni lo scheletro carbonioso degli aminoacidi può essere catabolizzato per fornire energia metabolica. L’impoverimento della scorta di carboidrati aumenta in modo significativo l’utilizzo delle proteine durante l’esercizio a scopo energetico.  

  • Fonti: carne magra, pesce, uova, legumi, proteine in polvere

Grassi buoni

La quota di lipidi assunta con la dieta risulta largamente legata alle preferenze individuali, alle influenze geografiche e alla possibilità di reperire alimenti ricchi di grassi. Di solito i valori di riferimento sono intorno al 30% del fabbisogno energetico totale giornaliero. Circa il 70 % di questo contributo dovrebbe essere di acidi grassi insaturi. I grassi oltre che a fornire un buon apporto energetico supportano le funzioni ormonali e l’assorbimento di vitamine liposolubili. 

  • Fonti: olio extravergine d’oliva, frutta secca, avocado, semi

Idratazione e sport

La perdita di liquidi può compromettere le prestazioni anche del 10%. È fondamentale:

  • Bere prima, durante e dopo l’allenamento
  • Integrare con sali minerali e carboidrati in caso di allenamenti intensi o clima caldo

L’ingestione di liquidi prima e durante l’attività fisica minimizza gli effetti negativi della disidratazione sulla capacità cardiovascolare, sulla termoregolazione e sulla prestazione fisica. 

In caso di attività sportive molto intense e prolungate solo l’assunzione di acqua può non essere sufficiente. Così l’aggiunta di carboidrati nelle bevande di idratazione assunte per via orale fornisce il substrato energetico addizionale da sfruttare durante l’attività sportiva. L’aggiunta di elettroliti (sodio) riduce il rischio di iponatremia ed assicura il meccanismo della sete. Assumendo 400-600 ml di liquidi poco prima dell’attività fisica , seguiti da un ingestione regolare , 250 ml ogni 15 minuti, si ottimizza lo svuotamento gastrico mantenendo un adeguato volume di liquidi nello stomaco. 

Supplementazione sportiva: quando è utile?

La maggior parte di atleti adolescenti ed adulti non necessitano di un’ulteriore un ulteriore apporto nutrizionale oltre ciò che assumono regolarmente con la dieta. 

Tuttavia un nutrizionista sportivo può consigliare integratori se davvero necessari e finalizzati ad uno specifico obiettivo. Tra i più utilizzati ed conosciuti troviamo :

  • Proteine in polvere: per raggiungere il corretto fabbisogno proteico
  • Creatina: recupero muscolare, prevenzione infortuni, migliore distribuzione dell’acqua nel corpo ed aumento della forza muscolare
  • Omega-3: effetto antinfiammatorio, salute cardiovascolare e sostegno della sintesi proteica
  • Beta-alanina: Migliora la performance muscolare e ritarda l’affaticamento.
  • Caffeina: Aumenta la vigilanza, la forza e la resistenza.

Affidarsi a un nutrizionista sportivo

Ogni atleta ha esigenze uniche. Un nutrizionista che si occupa di alimentazione sportiva elabora un piano personalizzato in base a:

  • Tipo di sport
  • Frequenza e intensità degli allenamenti
  • Obiettivi (massa, definizione, resistenza)
  • Condizioni cliniche e intolleranze

Conclusione

L’alimentazione sportiva è un alleato prezioso per chi vuole migliorare la propria performance e la salute generale. Rivolgersi a un nutrizionista specializzato è il primo passo per raggiungere i propri obiettivi in modo sano e duraturo.


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25 Febbraio 2025

Nelle diete a basso contenuto di carboidrati , anche dette low carb, si riduce molto l’assunzione di carboidrati  in favore di grassi e proteine. Va specificato che le diete low carb e chetogeniche non sono esattamente la stessa cosa, di solito la seconda prevede una riduzione maggiore ed accurata di carboidrati. 

Nelle diete chetogeniche le quantità di carboidrati sono spesso inferiori ai 100 o 50 gr al giorno, in base al soggetto, e ciò innesca il meccanismo della chetosi. Questo accade perché il sistema nervoso centrale richiede un fabbisogno glucidico di circa 100 gr al giorno. Se questo quantitativo non è soddisfatto, si può indurre la chetosi come strategia di emergenza ma il limite è soggettivo, cambia in base alla persona ed ai suoi fabbisogni. 

Cosa sono le diete Low Carb?

Così per dieta a basso contenuto di carboidrati non esiste una definizione univoca, anche perché molto dipende dai fabbisogni energetici che variano soggettivamente. Andrebbero quindi considerate più le quantità di carboidrati in relazione al totale apporto calorico necessario dell’individuo. Non esiste un valore preciso di grammi di carboidrati da assumere giornalmente così da distinguere precisamente le diete low carb dalle altre. 

Spesso si intende per dieta a basso contenuto di carboidrati quando l’introito di questi scende sotto il 50-55% delle calorie totali. Questo perché le linee guida raccomandano, per un soggetto sano, un apporto energetico che sia derivante per almeno il 50-55 % dai carboidrati. 

Altri autori prendono come riferimento il fabbisogno teorico medio di glucosio per un individuo sedentario che si aggira dai 100 ai 180 gr. Quindi definiscono una dieta low carb quando l’assunzione giornaliera di carboidrati è al di sotto dei 100 gr. 

In sintesi, si potrebbe definire una dieta a basso contenuto di carboidrati una condizione in cui si assumono:

  • Circa Meno del 50% delle calorie totali;
  • Meno di 100 gr di carboidrati al giorno;
  • Meno di 2,5 gr per kg di peso corporeo al giorno.

Quali sono i benefici di una dieta a basso contenuto di carboidrati ?

Uno dei principali vantaggi di una dieta low carb è che si potrà seguire una dieta ipocalorica senza prestarci troppa attenzione. Infatti, la riduzione dei carboidrati potrebbe portare ad un abbassamento considerevole sull’introito calorico quotidiano. Questo può avvenire soltanto se raggiunge una buona sazietà con i pasti principali e le merende, sfruttando la capacità saziante di alimenti con un buon contenuto proteico, fibre  e grassi. Per avere un piano alimentare bilanciato ed adeguato ai propri fabbisogni è sempre importante rivolgersi ad un professionista come un nutrizionista o medico. 

Quindi, uno dei principali benefici è la perdita di peso , abbastanza celere, dovuta alla perdita di acqua per l’esaurimento delle riserve di glicogeno. Oltre a ciò però vi è un aumento della lipolisi e dell’ossidazione dei grassi. 

Con una dieta del genere vi può essere una buona sazietà dovuta ad un maggior contenuto di proteine oltre che un miglior controllo glicemico. In seguito alla perdita di peso migliorano anche valori plasmatici di trigliceridi, colesterolo e fattori di rischio per malattie-cardiovascolari e diabete di tipo 2. La perdita di peso comporta anche la riduzione di molecole pro infiammatorie come le citochine.

In conclusione, la dieta low carb può essere una strategia per la perdita di peso ma gran parte dei vantaggi in termini salutistici derivano proprio dal dimagrimento e non dalla dieta in sé. 

Quali sono gli svantaggi di una dieta a basso contenuto di Carboidrati?

Protrarre una dieta low carb per molto tempo, ad esempio oltre i 6 mesi potrebbe comportare alcuni svantaggi, vediamone alcuni insieme. 

  • Riduzione della performance sportiva: ammesso che questa sia la strategia migliore per una persone sportiva, la riduzione di carboidrati potrebbe portare ad un calo della prestazione, soprattutto per gli atleti di endurance.
  • Aumento dei livelli di stress: la diminuzione dei carboidrati può portare ad un’alterazione dei livelli di serotonina aumentando livelli di affaticamento e stress. 
  • Possibile eccesso di grassi saturi: riducendo la quota di carboidrati è possibile aumentare inconsapevolmente alimenti come carne e formaggi ricchi di grassi saturi. 
  • Aumento del catabolismo muscolare: se protratte a lungo queste diete non forniscono i corretti nutrienti per lo sviluppo e sostegno della massa muscolare.

E’ bene che una dieta povera di carboidrati non venga seguita per molto tempo, adattandola solo se necessaria e sotto supervisione di un professionista della nutrizione. 

Cosa Mangiare in una dieta low carb

Una dieta low carb prevede di diminuire molto l’utilizzo di pasta, pane, prodotti da forno ed aumentare quelli ricchi di proteine e grassi

Va trovato però il giusto equilibrio; ad esempio frutta fresca e verdure non dovrebbero mai mancare per il corretto apporto di fibre e funzionalità intestinale. La fibra ha un ruolo anche nel senso di sazietà. Frutta e verdura sono inoltre fondamentali per il corretto apporto di vitamine e sali minerali. La frutta secca ricca di grassi si può utilizzare nelle corrette porzioni e bilanciando gli altri grassi nella giornata e settimana. 

Anche i legumi ricchi di fibra e con il giusto mix  tra carboidrati e proteine potrebbero far parte di questo tipo di alimentazione.

Tra le principali fonti proteiche da utilizzare invece si possono utilizzare soprattutto pesce, uova e carni bianche oltre che yogurt, latte e formaggi. I formaggi sono anche molto ricchi di grassi, quindi andrebbero preferiti quelli più magri, oltre che gestita la loro quantità e frequenza settimanale. 

Attenzione infine a carne rossa e conservata (affettati) che possono essere consumati ma con una frequenza settimanale ridotta. 


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3 Febbraio 2023

Quando si fa riferimento ad una scorretta alimentazione si pensa spesso all’eccesso di peso e di massa grassa. Tuttavia non è sempre così; alcune volte un’alimentazione non corretta ed insufficiente rispetto ai propri fabbisogni può determinare una condizione di sottopeso

Nei casi più seri il sottopeso è la conseguenza di una denutrizione. Purtroppo in alcune aree del mondo ciò è legato a povertà e mancanza di cibo. La denutrizione è uno stato di nutrizione insufficiente, protratto per lungo tempo.  La mancanza di un apporto proteico, minerale, vitaminico ed energetico può portare ad uno stato di forte denutrizione e mettere a rischio la vita dei bambini. 

Nel mondo occidentale, invece, le cause del sottopeso sono per lo più altre, in seguito vedremo insieme le più importanti. E’ evidente che ,se trascurato, il sottopeso può essere un problema importante per la salute soprattutto per i più giovani. Quando si è sottopeso è importante capirne le cause ed interpellare un medico ed eventualmente un nutrizionista per poter migliorare e recuperare peso. 

Quando si è in presenza di sottopeso?

L’indice di massa corporeo (IMC) è un parametro che permette di valutare lo stato nutrizionale di una persona secondo il rapporto peso/altezza.

Si calcola così:

IMC (indice di massa corporeo) = Peso in Kg / Altezza in metri al ²

Quando l’indice di massa corporeo è al di sotto di 18,5 kg/m² è presente una condizione di sottopeso. Questo stato può essere associato a diverse patologie e caratterizzato da una consistente perdita di peso. Se invece l’indice di massa corporeo è inferiore a 16 kg/m²  si è in presenza di grave magrezza. 

L’indice di massa corporeo non fornisce informazioni riguardo la composizione corporea. E’ utile nell’apprendere una condizione generale ma poi sono necessari altri strumenti ed accertamenti per valutare complessivamente la situazione. 

Prendendo in considerazione l’IMC, secondo i dati dell’organizzazione mondiale della sanità la popolazione italiana (persone di 18 anni e più) risulta così distribuita:

  • 3% sottopeso
  • 51,5% normopeso
  • 35,5% sovrappeso
  • 10% obesa

Quali sono le cause?

Essere in una situazione di sottopeso può essere dovuto a diverse ragioni, è sempre bene approfondire e provare a capirle per migliorare. Vediamone insieme alcune.

Malattie che determinano un malassorbimento possono indurre una perdita di peso proprio a causa della difficoltà del tratto gastrointestinale di assorbire i nutrienti. E’ il caso, ad esempio, della celiachia, dove l’atrofia dei villi intestinali può determinare un malassorbimento e quindi perdita di peso. 

Anche squilibri ormonali come ipertiroidismo, ipopituitarismo o diabete mellito insulino-dipendente possono provocare una situazione di sottopeso. La magrezza o sottopeso può dipendere poi da cause patologiche come infezioni, tumori e problemi renali e gastrointestinali. 

Un condizione frequente che determina la perdita di peso è quando il bilancio energetico non è in equilibrio. Il bilancio energetico è definito come la differenza fra la quantità di energia introdotta e l’energia spesa per le varie attività dall’organismo. Quando aumenta troppo la spesa energetica a discapito di ciò che si mangia il bilancio energetico è negativo e si perde peso. Allo stesso modo riducendo eccessivamente e per molto tempo l’introito calorico può manifestarsi la stessa condizione di perdita di peso. 

Inoltre sono presenti cause indirette del sottopeso dovute ad altri fattori e patologie come: 

  • Depressione, 
  • Isolamento,
  • Scarsa disponibilità economica 
  • Perdita di appetito in seguito ad assunzioni di farmaci particolari. 

Anche lo stress può indurre alcune persone a mangiare di più e quindi ad ingrassare, come può spingere altre a mangiare di meno e, di conseguenza, a perdere peso.

Infine, vi può essere una situazione di sottopeso in presenza di disturbi del comportamento alimentare come l’anoressia nervosa. E’ bene ricordare che l’equazione sottopeso = anoressia o disturbo del comportamento alimentare è estremamente scorretta. Nella diagnosi di un disturbo del comportamento alimentare rientrano diversi fattori e non solo il sottopeso e la magrezza. 

Come gestire l’alimentazione in sottopeso?

In primo luogo è importante accertare ed approfondire i motivi per cui si sia creata la condizione di sottopeso. E’ sempre bene consultare il proprio medico per avere informazioni maggiori su come poter agire. 

In ogni caso sarà importante ripristinare una sana e corretta alimentazione che rispetti i propri fabbisogni e magari anche qualcosa in più (dieta ipercalorica). Quando i dispendi energetici sono molto alti, se ben tollerati, anche l’utilizzo di cibi con alta densità energetica aiuta a recuperare prima peso. Se il sottopeso è dovuto a cause indirette è bene agire parallelamente anche su quelle per riprendere peso stabilmente. 

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24 Gennaio 2023

La corretta alimentazione nell’infanzia ed in adolescenza è indispensabile sia per l’ottimale sviluppo fisico e cognitivo sia per mantenere un peso corporeo adeguato. Secondo i dati del ministero della salute, in Italia, circa un bambino su quattro è obeso. L’obesità nei bambini è causata principalmente da: 

  • troppa sedentarietà, 
  • abitudini alimentari sbagliate (molto spesso trasmesse dalla famiglia),
  • componente genetica, che però incide solo per una piccola parte. 

E’ bene ricordare che l’eccesso di grasso è un fattore di rischio importante per malattie cardiovascolari oltre che per molti tumori. Ci vogliono anni di abitudini alimentari scorrette perché il bambino diventi obeso, tuttavia l’instaurarsi di cattive abitudini in età scolare sono poi difficili da cambiare. 

In caso di difficoltà nell’avere sane e corrette abitudini alimentari, nell’infanzia ed adolescenza, è auspicabile l’aiuto di un nutrizionista o di un medico. 

Alimentazione in adolescenza e infanzia, che quantità?

Le quantità e le calorie dipendono dai fabbisogni personali dei bambini o ragazzi. Ad esempio, possono dipendere dall’età, dalla crescita, dallo sviluppo, dal sesso e dall’attività sportiva svolta. Per aumentare l’aderenza dei bambini ad una corretta alimentazione può essere d’aiuto far conciliare i pasti con le attività extrascolastiche e le abitudini familiari.

Quindi, seguire le linee guida di una corretta e sana alimentazione senza rinunciare allo sviluppo di piani alimentari strettamente personalizzati. Non è vero che l’eccesso di peso del bambino si correggerà con lo sviluppo. Al contrario è proprio l’eccedenza ponderale in età scolare che è maggiormente correlata con quella da adulti.

Anche la corretta ripartizione calorica nel corso della giornata aiuta ad essere sempre svegli e con le adeguate energie. La colazione, il pranzo e la cena dovrebbero avere il maggior apporto energetico, minore invece quello della merenda pomeridiana e dello spuntino di metà mattina.

Molto spesso la prima colazione viene snobbata o dimenticata, non è un dramma, però dopo 10 ore di digiuno l’organismo ha bisogno di energia. Infatti, una scarsa colazione può indurre i bambini ad avere fame verso metà mattina e quindi a mangiare prodotti grassi, salati o con zuccheri.

Caratteristiche principali

E’ fondamentale che la dieta sia varia, infatti la mancanza di varietà può provocare con il tempo delle carenze nutrizionali. La ripartizione e le caratteristiche dei principali macro-nutrienti sono diverse, vediamone alcune insieme :

I Carboidrati

I carboidrati complessi (come pasta, riso, cereali, pane, biscotti, etc.) sono indispensabili per fornire l’energia per giocare, studiare e svolgere tutte le attività della giornata.  Dovrebbero essere consumati in ottima quantità, scegliendo preferibilmente quelli integrali. Attenzione invece ai carboidrati semplici (gli zuccheri) che piacciono molto ai piccoli; i bambini che ne fanno uso smodato non solo ingrassano ma sono anche più irrequieti, distratti e svogliati. Non vanno aboliti o demonizzati ma consumati in quantità e frequenza settimanale molto inferiore rispetto ai carboidrati complessi. 

Le Proteine

Sono importanti per la crescita e lo sviluppo dell’organismo e dovrebbero apportare dal 10 al 15 % dell’introito giornaliero. E’ importante avere una varietà ed alternanza delle fonti proteiche, evitando di esagerare con l’assunzione di carne. Ad esempio anche i legumi, spesso dimenticati e poco apprezzati dai più piccoli, hanno invece un’ottima quantità di proteine e fibre. Conoscere il menù scolastico aiuta ad alternare la cena con un piatto complementare a quello che il bambino ha mangiato a pranzo. 

I Grassi

Sono  sostanze che il corpo utilizza soprattutto per la formazione delle membrane cellulari, non vanno demonizzati ma correttamente gestiti. L’apporto giornaliero di grassi per un bambino non dovrebbe superare il 30% del fabbisogno energetico totale. Sono molto importanti i grassi insaturi come quelli presenti nell’olio extravergine di oliva, nella frutta a guscio e nel pesce. Una piccola quota può essere anche costituita dai grassi saturi, soprattutto animali, introdotti tramite latticini e carne.

Le Fibre

Le fibre alimentari presenti soprattutto in frutta, verdura e legumi hanno una funzione molto importante per l’organismo e la salute. Purtroppo, invece, il consumo quotidiano di frutta e specialmente quello di verdura è basso, limitato a poche tipologie (ne consegue un apporto insufficiente di fibra). E’ bene che i bambini o ragazzi imparino il prima possibile a mangiare tutto il primo possibile. Per fare in modo che mangino verdure e frutta si consiglia di non fare loro dei piatti diversi da quelli del resto della famiglia. Un bel piatto di verdure non dovrebbe mai mancare in quasi ogni pasto principale. 

Il corpo di un bambino è costituito da una quantità di acqua ancora superiore rispetto all’adulto. Così, è bene che i bambini bevano sufficientemente acqua per essere ben idratati.

Aspetti psicologici dell’alimentazione in adolescenza e infanzia

Per  molti bambini e ragazzi riuscire a mangiare con continuità alcune categorie alimentari è molto difficile, in particolare verdura, frutta, legumi e pesce. Invece, sono molto importanti per il benessere dell’organismo, la crescita e per acquisire corrette abitudini alimentari. 

Come aiutarli ad aumentare le frequenze di assunzione di questi alimenti ?  

In primis, dare il buono esempio, cercare di introdurre tutti gli alimenti fin dall’infanzia , soprattutto le verdure, e non arrendersi al primo rifiuto. Può essere di aiuto non preparare dei menù personalizzati in base ai gusti ma mangiare tutti quanti le stesse cose. 

E’ bene che non ci siano divieti assoluti, spesso ciò che viene vietato severamente diventa l’oggetto del desiderio. Spiegare e raccontare da dove provengono i cibi e rendere i bambini partecipi nella preparazione, giocando con forme e colori, li aiuta a familiarizzare con tutti gli alimenti. 

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13 Gennaio 2023

La popolazione anziana, in Italia così come in tutto l’occidente, è in netto aumento.  Si stima che gli ultra sessantacinquenni siano oltre il 20 % dell’intera popolazione. La terza età presenta delle caratteristiche e problematiche specifiche, prenderle in considerazione ed adeguare ad esse la propria alimentazione è molto importante.

Cosa cambia con la terza età?

Dal punto di vista fisiologico l’invecchiamento è un processo in cui l’organismo diventa più fragile e vulnerabile. Infatti, diminuiscono gradualmente le funzioni di organi e tessuti ed aumenta la probabilità di ammalarsi. Il vantaggio, in questa fase della vita, è quello di poter avere più tempo da dedicare a se stessi ed alla famiglia. Così si può provare ad acquisire uno stile di vita sano facendo sport, secondo la propria condizione fisica, e preparando accuratamente i propri pasti. 

Nella terza età cambia lo stato di nutrizione della persona , questo è determinato dalle variazioni di composizione corporea e metabolismo. Non si devono sottovalutare tutti i cambiamenti psicologici, sociali ed ambientali che possono influenzare l’alimentazione dell’anziano. Infine, anche la presenza di malattie o terapie farmacologiche possono causare difficoltà nell’assorbimento dei nutrienti e nel loro utilizzo.

La composizione corporea subisce un cambiamento progressivo con l’aumentare dell’età in cui si riduce la massa magra ed aumenta la massa grassa. La massa grassa si ridistribuisce in particolare intorno ad organi e sul tronco, aumentando il rischio per alcune patologie. La perdita di massa muscolare, sarcopenia, si ha in maniera ancora più accentuata in persone ultra ottantenni perché i muscoli sono meno utilizzati. Dato che la sarcopenia espone maggiormente i soggetti anziani al rischio di cadute è importante cercare di contrastarla. La perdita di massa muscolare induce anche una diminuzione della sensibilità insulinica e del metabolismo basale. Se vi è un eccesso di massa grassa e simultaneamente una perdita di massa magra si parla di obesità sarcopenica.  

Carenze nell’alimentazione della terza età

La Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) ha stimato che in Italia ci siano circa un milione e mezzo di anziani a rischio malnutrizione. Ci sono diversi fattori che possono portare ad avere un’alimentazione insufficiente o inadeguata, tra questi: 

  • Invalidità
  • Basso reddito
  • Solitudine 
  • Problemi di masticazione 
  • Uso cronico di farmaci 
  • Depressione 

Nella popolazione anziana le carenze nutrizionali più frequenti sono quelle di vitamina D e calcio. Specialmente calcio e vitamina D sono importanti per evitare o ridurre l’insorgenza di osteoporosi, l’assunzione raccomandata di calcio è di 1000 mg/die. Una ridotta esposizione ai raggi UV e un’insufficiente attività sportiva possono aggravare la situazione.  Nel soggetto anziano vi è rischio di carenza anche di vitamine del gruppo B, in particolare B6 e B12 oltre che di vitamine C ed E. 

Tra gli altri micronutrienti critici nell’anziano vi sono magnesio, ferro, zinco e selenio sia per un minor assorbimento che per interferenza con patologie o farmaci. 

Le persone anziane dovrebbero porre attenzione anche all’utilizzo di sale. Infatti, il sodio contenuto nel sale può essere dannoso per chi soffre di ipertensione, insufficienza renale o cardiaca.

Alimentazione della terza età, cosa mangiare?

In virtù della delicatezza di questa fase della vita è importante che l’alimentazione  nella terza sia consigliata da un nutrizionista o medico. Un’alimentazione corretta consente un’evoluzione più lenta del processo di invecchiamento, quindi una buona efficienza delle funzioni cognitive, di attività fisica e di autonomia. 

Per alimentazione corretta si intende una dieta equilibrata e variata, con tutti gli alimenti disponibili nelle corrette quantità e frequenze di consumo. 

Il fabbisogno energetico va calibrato molto bene, sono necessarie né troppe calorie, per non accumulare grasso,  né troppo poche per prevenire una eccessiva magrezza. La falsa credenza che gli anziani debbano mangiare molto meno non è giustificata se si mantiene un buon livello di attività sportiva. Però, spesso, con l’invecchiamento si riduce l’attività motoria, la massa muscolare e di conseguenza il metabolismo basale e così si abbassa anche il fabbisogno energetico. 

In conclusione, va fatta attenzione alla quantità di alimenti, ma anche alla loro qualità. A questo scopo occorre privilegiare alimenti più proteici e meno grassi e arricchire l’alimentazione con verdure e frutta. Infatti, il fabbisogno di proteine nell’anziano è più elevato rispetto a quello dell’adulto allo scopo di sostenere il più possibile una massa muscolare in declino e nella scelta delle proteine andranno privilegiate quelle a più alta qualità. 

Gli alimenti proteici consigliati sono: 

  • latte e yogurt a ridotto contenuto di grassi e senza zuccheri aggiunti, 
  • legumi, 
  • uova, 
  • pesce (anche prezioso veicolo di acidi grassi polinsaturi omega-3) 
  • la carne (soprattutto magra e bianca). 

Le fibre di verdura e frutta servono a favorire una corretta funzione intestinale e contribuire alla prevenzione di obesità e diabete. Infine, non va sottovalutato che gli anziani tendono a bere di meno per ridotta sensazione di sete. Il consiglio è di bere durante tutto l’arco della giornata  e non solo durante i pasti. 

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20 Ottobre 2022

Il digiuno intermittente, in inglese intermittent fasting, è un modo con cui si può organizzare la propria alimentazione. I diversi protocolli nascono in seguito ad alcuni studi scientifici sul digiuno che né hanno indicato potenzialità, vantaggi e limiti. E’ bene precisare che il digiuno intermittente non è una dieta specifica ma è un modo di interpretarla.  Ognuno può decidere come modellarla secondo i propri obiettivi e lo stile di vita. 

Cos’è e come funziona il digiuno intermittente?

Il digiuno è la pratica di astenersi dal mangiare, cosa che si fa già  nella maggior parte della giornata. Ad esempio la notte non si mangia e si  digiuna anche per 10 o 12 ore, il tempo che passa tra la cena e la colazione. 

Ci sono diversi modi in cui vengono applicati periodi di digiuno alternati a fasi di alimentazione, come: 

  • Il digiuno intermittente 16/8 è il più famoso ed utilizzato, prevede all’interno di una giornata di 24 ore un periodo di 16 ore di digiuno e 8 ore in cui si può mangiare (chiamato anche Leangains). 
  • Si possono avere degli intervalli ancora più rigidi con 18 o 20 ore di digiuno. Infatti, nella warrior diet la finestra per poter mangiare si riduce soltanto a 4 o 6 ore serali.
  • Il digiuno intermittente Alternate-day fasting è invece tra i più studiati in letteratura. Consiste in due giorni a settimana di digiuno completo o con una forte restrizione calorica, 4-500 kcal al giorno. 

Non esiste un numero preciso dei pasti che si devono fare nel periodo di alimentazione, possono essere quanti se ne vogliono. Ovviamente, più l’intervallo sarà ristretto meno pasti e calorie sarà facile inserire. 

Il digiuno intermittente 16/8 può essere applicato, ad esempio, semplicemente anticipando la cena o saltando la prima colazione. Non è una dieta rigida ma si può decidere quando e come applicare il digiuno, in base ad esigenze ed abitudini personali. E’ un’alimentazione che non richiede necessariamente continuità; può essere seguita anche solo uno o due giorni a settimana. Soprattutto all’inizio è bene procedere con cautela, possibilmente assistiti da un nutrizionista che imposti adeguatamente il fabbisogno energetico secondo le corrette esigenze nutrizionali.  

Si potrebbe iniziare seguendo uno o due giorni di digiuno intermittente a settimana per adattarsi e poi avere sempre più regolarità. 

Il digiuno intermittente fa dimagrire?

Tra la false credenze associate a questo tipo di programmazione alimentare ci sta che faccia dimagrire in automatico quando seguito. Nulla di più sbagliato, il digiuno intermittente segue sempre le regole del bilancio energetico. Se nelle 8 ore della fase di alimentazione mangiamo più di quanto siano i nostri fabbisogni la tendenza a lungo termine sarà comunque quella di ingrassare.

Quindi, se l’obiettivo è quello di dimagrire bisogna strutturare un tipo di alimentazione ipocalorica ossia al di sotto del proprio fabbisogno energetico.

Naturalmente il periodo di alimentazione dovrebbe seguire sempre le buone regole di una sana corretta alimentazione. Questo consente di applicare lo schema del digiuno intermittente mantenendo una corretta alimentazione e non incorrendo in deficit nutrizionali. 

Quali sono i benefici sulla salute?

Molti degli studi scientifici hanno mostrato grandi benefici per la salute quando il digiuno intermittente è abbinato ad una restrizione calorica. Ad esempio digiuni molto prolungati stimolano processi di autofagia, ossia la capacità di indurre il nostro corpo a eliminare o riparare le cellule danneggiate. 

Inoltre, studi preclinici e clinici hanno mostrato che il digiuno intermittente ha un ampio spettro di benefici per molte condizioni di salute, come:

  • obesità
  • diabete mellito 
  • malattie cardiovascolari
  • tumori e disturbi neurologici. 

Grazie al digiuno intermittente sembrerebbe esserci un abbassamento dei livelli di insulina, maggiore lipolisi ed una diminuzione dell’infiammazione sistemica. Oltre a ciò si aggiungono cambiamenti del profilo ormonale come aumento di concentrazione di catecolamine, glucagone, ormone della crescita. 

Quali sono le principali problematiche del digiuno intermittente?

Le fasi di digiuno non sono ben gestite da tutti, per cui sarebbe bene, prima di iniziare, avere il consulto di un professionista. Il fai da te, ancor di più in questo caso, non è assolutamente consigliabile soprattutto in casi di soggetti con disturbi o problematiche di salute.  

Seguire un digiuno per molte ore può essere un fattore stressante per l’organismo e non tutti riescono ad adattarsi bene. L’adattamento deve essere fisico ma anche psicologico; periodi lunghi di astinenza dal mangiare possono portare a frustrazione e non vivere in modo piacevole il percorso. 

Tipologie di alimentazione come il digiuno intermittente possono indurre a mangiare molto meno del previsto o paradossalmente molto di più. In entrambi i casi si avranno dei risultati ben lontani da quanto si vorrebbe. Fare molte ore di digiuno, se non tollerate adeguatamente, può portare alla fase di alimentazione con troppa fame e così a mangiare più del necessario. 

Stabilire il fabbisogno energetico è un aspetto cruciale poiché ognuno di noi ha delle esigenze personali in base a diversi fattori. 

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4 Agosto 2022

La gravidanza (detta anche gestazione) è una condizione della donna nel periodo che va dall’inizio del concepimento al parto. E’ una fase delicata con un cambiamento fisiologico, ormonale ed estetico del corpo della donna in cui è utile il supporto di diversi professionisti sanitari. 

La durata della gravidanza si calcola a partire dalla data dell’ultima mestruazione, per cui è importante conoscere questa data. 

La gravidanza a termine è quella in cui il parto avviene tra le 37 e le 41 settimane, la gravidanza pretermine (o parto prematuro) in cui il parto avviene prima delle 37 settimane e gravidanza protratta (oltre il termine) quando il parto avviene a 42 settimane o oltre.

L’alimentazione in gravidanza è uno degli elementi in grado di influenzare il benessere del nascituro e della mamma. 

Alimentazione in Gravidanza: quanto mangiare?

Una volta si diceva che durante la gravidanza bisognasse mangiare come per due persone. Adesso questo detto è superato e le linee guida scientifiche ci danno indicazioni più accurate. Mangiare per due ed aumentare troppo di peso è pericoloso , si possono creare problemi sia durante la gestazione che al parto. 

Durante la gravidanza è normale che il peso aumenti, si formano utero, placenta si sviluppa il feto, vi è la formazione del liquido amniotico e delle membrane.

Così i tessuti iniziano a trattenere più liquidi e ad aumentare la percentuale di massa grassa, tutto questo determina un aumento di peso.

  • Il peso dovrebbe aumentare in un intervallo compreso tra i 9-12 kg se si è in una condizione di normopeso. 
  • Per chi inizia la gravidanza sottopeso (IMC inferiore a 18,5) le necessità energetiche sono maggiori e l’aumento di peso auspicabile è fra i 12,5 e i 18 kg
  • Mentre per chi è in una situazione di sovrappeso (IMC superiore a 25), è auspicabile contenere l’aumento fra i 7 e gli 11 kg.

Fabbisogno energetico in gravidanza:

Il fabbisogno energetico va stimato individualmente valutando l’indice di massa corporeo (IMC) prima della gravidanza. In una condizione di normopeso, il fabbisogno energetica varia in base al trimestre:

  1. Primo trimestre di gravidanza l’aumento ponderale della mamma è di circa 1 kg in seguito alla crescita dell’utero e del volume del sangue. In questa fase non è necessario un apporto energetico incrementato. 
  2. Nel secondo trimestre invece l’accrescimento del feto e dei tessuti materni richiede un adeguamento al rialzo dei fabbisogni energetici. I LARN (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana) indicano un aumento di circa 350 kcal al giorno. L’aumento permette un normale sviluppo del bambino ed evita di far utilizzare le riserve materne.
  1. Nel terzo trimestre vi è un’ulteriore crescita del feto e della placenta così il fabbisogno calorico aumenta di circa 460 kcal al giorno. Vi può essere un aumento di peso di circa 1/2 kg a settimana.

Infine, durante la gravidanza aumenta il fabbisogno il fabbisogno di proteine (6 g/die), mentre è pressoché invariato quello di carboidrati e di grassi.

Cosa Mangiare in Gravidanza?

E’ importante prestare attenzione a ciò che si mangia sin dai primi giorni o possibilmente anche in fase di concepimento. Non è necessario stravolgere le proprie abitudini ma è bene seguire un normale regime alimentare, impostato su una dieta semplice, varia, equilibrata, con il giusto quantitativo e tipo di grassi. 

Ci sono alcuni accorgimenti semplici e generici che possono essere una solida base, vediamoli:

  • Variare le proprie scelte alimentari, in questo modo si garantisce che tutti i nutrienti siano assunti ed assimilati; 
  • Non assumere bevande alcoliche;
  • Limitare le bevande nervine come caffè e tè. In alternativa vanno bene prodotti senza caffeina e teina;
  • Diminuire il consumo di zuccheri semplici, prediligendo carboidrati complessi come riso, cereali , pasta e pane in quantità adeguate ai propri fabbisogni;
  • Evitare pasti eccessivamente abbondanti, cibi troppo elaborati, fritti e grassi con alta frequenza. Una dieta troppo ricca di carboidrati (zuccheri, pane, pasta etc.) può favorire, in soggetti già predisposti, l’insorgenza del diabete;
  • Consumare frutta e verdura di stagione ben lavata o cotta.

Vitamine, sali minerali ed acidi grassi

Durante la gravidanza è necessario il giusto apporto di vitamine (A, D, C, B6) e sali minerali (calcio, ferro, fosforo).

 Tra le vitamine indispensabili, inoltre, c’è l’acido folico o vitamina B9:

L’acido folico dovrebbe essere integrato a partire da un mese prima della gravidanza fino al termine del primo trimestre.  Un basso livello di folati nella madre può influenzare negativamente lo sviluppo del tubo neurale nel feto (es. spina bifida). L’incremento dell’apporto di acido folico in gravidanza deve raggiungere i 400 microgrammi al giorno. Per chi segue invece un regime alimentare vegetariano o vegano è importante l’ulteriore integrazione con vitamina B12

Per i minerali, invece, un occhio di riguardo per i fabbisogni di calcio e ferro. I fabbisogni di calcio aumentano notevolmente in gravidanza, quelli di ferro quasi raddoppiano. Se la quantità di calcio necessaria per lo sviluppo del feto non è sufficiente, saranno le ossa materne a privarsene, decalcificandosi.

Anche gli acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi a lunga catena ( come ad esempio gli omega-3, presenti nel pesce azzurro ) sono molto importanti. Ricoprono un ruolo molto importante nello sviluppo del sistema nervoso centrale del feto, in particolare per le strutture del cervello e della retina. 

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28 Giugno 2022

L’intolleranza al lattosio è un disturbo gastrointestinale che non permette di digerire correttamente il lattosio, ossia lo zucchero contenuto nel latte di quasi tutti i mammiferi. La mancata digestione di questo zucchero, è dovuta alla mancanza di un enzima digestivo chiamato per l’appunto lattasi. Si stima che questo disturbo riguardi circa il 40% degli italiani, può essere di origine genetica, e dunque comparire già dall’infanzia, oppure manifestarsi in età adulta.

La produzione dell’enzima lattasi negli esseri umani cambia nel corso del tempo. Solitamente l’enzima inizia ad essere prodotto meno i 2-3 anni, riducendosi a livelli bassi intorno agli 8-10 anni.                            

L’intolleranza alimentare è definita come una reazione avversa ad un determinato alimento che l’organismo non è in grado di metabolizzare ed assorbire adeguatamente. 

La condizione, chiamata anche malassorbimento di lattosio, è solitamente innocua, ma i suoi sintomi possono essere molto fastidiosi.  Gli adulti , solitamente, sviluppano sintomi solo dopo aver consumato 250-375 millilitri di latte. Alcuni soggetti riconoscono in epoca precoce che il latte e altri prodotti caseari causano disturbi gastrointestinali e, consciamente o inconsciamente, evitano tali alimenti. 

Che cos’è il Lattosio e dove si trova

Il lattosio è uno zucchero semplice, un disaccaride, ossia un composto chimico organico composto da due zuccheri semplici (monosaccaridi), il glucosio e il galattosio.

Come indica il nome, il lattosio si trova principalmente in alimenti come latte, sia esso di mucca, capra o altri animali e suoi derivati. Il lattosio rappresenta la quasi totalità degli zuccheri presenti nel latte, circa il 98%. 

Oltre che nel latte questo zucchero si trova quindi in latticini quali yogurt, formaggi freschi e stagionati, panna e burro, margarina.

Attenzione! Spesso il lattosio viene utilizzato anche come additivo alimentare o ingrediente di preparazioni, può capitare di trovarlo “nascosto” in alimenti insospettabili, come:

  • Carne conservata come salumi, prosciutto cotto ed hamburger (viene utilizzato latte per amalgamare la carne e rendere l’impasto morbido);
  • Prodotti da forno (pane, pizza, torte, biscotti), il latte è spesso utilizzato come ingrediente oppure come addensante, dolcificante o agente di carica;
  • Dessert e gelati;
  • Cioccolato e creme spalmabili;
  • Ripieni di alimenti confezionati;
  • Pasta ripiena preparata con ricotta o altri latticini;
  • Salse e sughi in scatola

Questi sono i principali, ma potrebbe essere presente anche in altri alimenti insospettabili. Per questo, in caso di intolleranza al lattosio è importante controllare bene l’etichetta dei prodotti che si acquistano.

Intolleranza al Lattosio : Cause e Sintomi

La lattasi è un enzima molto importante specialmente nella prima fase di vita di lattanti e mammiferi. Se questo zucchero non viene digerito ed assorbito bene, richiama acqua nell’intestino e ne provoca la sua distensione. Poi, giunto al colon il lattosio viene fermentato dai batteri del tratto intestinale e trasformato in metaboliti secondari e gas. 

I sintomi più frequenti associati a questo tipo di intolleranza alimentare sono: meteorismo , dolori addominali, diarrea e sensazione di pesantezza dello stomaco.  

Come si sviluppa la carenza di Lattasi?

Carenza lattasi Primaria

Questo tipo di carenza si sviluppa precocemente, intorno ai due anni, molti bambini con deficienza di lattasi non mostrano sintomi fino all’adolescenza o all’età adulta.  Quanto l’attività della lattasi diminuisca dipende da fattori genetici e varia da persona a persona. 

Carenza lattasi Secondaria

La carenza di lattasi secondaria è la conseguenza di un danno della mucosa intestinale in seguito alla presenza di patologie intestinali acute o croniche. Ad esempio la presenza di gravi infezioni intestinali, enteriti, celiachia, morbo di Crohn o linfomi può determinare una carenza di lattasi. Di solito si risolve con la guarigione della patologia, poiché risanando la mucosa intestinale gli enzimi vengono riprodotti.  Questa condizione si verifica più frequentemente durante l’età infantile. 

Anche la celiachia può indurre una deficienza di lattasi in seguito ai danni che provoca nel tratto intestinale. La lattasi si trova proprio sulla sommità dei villi intestinali, la celiachia determina un processo infiammatorio che distrugge proprio i villi intestinali. In questo modo si riducono i livelli di lattasi e si presentano i classici sintomi da intolleranza.

Carenza Congenita di lattasi

La carenza “congenita” di lattasi è rara ma può essere molto grave se non si interviene subito. Il neonato nutrito con il latte materno non riesce a digerire ed assimilare. 

Solitamente se permane il 50 % della lattasi non si hanno particolari problemi nella digestione del lattosio. Anche soggetti intolleranti al lattosio sono in grado di digerire piccole quantità di lattosio: circa 15 gr in soggetti con intolleranza primaria ed anche qualche grammo in più se il cibo contenente lattosio è accompagnato da altri alimenti. Quantità superiori ai 50 gr, invece, sono spesso responsabili di disturbi nella maggior parte dei soggetti intolleranti. 

Intolleranza al Lattosio: Diagnosi e Test

Sebbene i sintomi prodotti dal malassorbimento di lattosio siano importanti ed indicativi, non sono sufficienti a determinare una vera e propria diagnosi. E’ necessario fare dei test medici che confermino che il malassorbimento sia dovuto ad una mancanza di enzima.

Quale test fare?

Breath Test

Il test del respiro o breath test è un esame diagnostico che si effettua mediante l’analisi di campioni di aria espirata. Il test consiste in una raccolta di campioni di aria espirata, prima e dopo l’ingestione di uno specifico zucchero sciolto in acqua, in un sacchetto di plastica a intervalli regolari. L’esame può durare da due a quattro ore. 

Per non avere dei test falsi positivi ci sono alcune indicazioni importanti come: non aver assunto probiotici e lassativi nei giorni precedenti l’esame ed essere a digiuno da circa 12 ore. 

Test Genetico per intolleranza al Lattosio

Con il test genetico si riesce invece a rilevare se siano presenti delle specifiche mutazioni nel dna che determinano minor produzione di lattasi. Il test si svolge eseguendo un tampone buccale e consente di verificare che tipo di carenza si abbia.

Intolleranza al Lattosio: Cosa mangiare?

E’ molto importante accertare che sia presente un’intolleranza al lattosio prima di escludere alcune categorie alimentari dalla propria dieta. In seguito all’accertamento, consultando un nutrizionista si potrà avere un consulto su come gestire al meglio la propria alimentazione senza lattosio.

La dieta corretta per chi soffre di intolleranza al lattosio è, ovviamente, un’alimentazione che diminuisca i problemi legati al malassorbimento. Per diminuire i disturbi è necessario ridurre fortemente la quota di lattosio introdotta con la dieta. Ormai esistono in commercio tantissimi prodotti, soprattutto latte e derivati, che sono senza lattosio ma che mantengono le altre proprietà alimentari. 

Inoltre, numerosi studi mostrano come anche che chi ha una ridotta attività della lattasi possa gestire e assumere piccole quantità di lattosio:

Le quantità assimilabili sono circa 12 gr di lattosio per pasto, corrispondenti a 250 ml di latte oppure 24 gr in un giorno distribuiti in più pasti. 

Per chi invece ha un’intolleranza primaria è consigliabile evitare quasi totalmente il lattosio dalla propria alimentazione. 

Conclusione

3 piccoli consigli pratici per gestire l’intolleranza al lattosio nella quotidianità:

  1. Ridurre la quota di lattosio fino alla quantità che produce i primi sintomi per capire qual è la quota di zucchero tollerata. 
  2. Distribuire nell’arco della giornata, in differenti pasti, quantità piccole di lattosio per assimilare meglio.
  3. Utilizzare delle preparazioni , presenti in commercio, che contengono  lattasi ed aiutano a digerire al momento del bisogno. 

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15 Giugno 2022

Il Nichel (il cui simbolo chimico è Ni) è un componente naturale della superficie della Terra (crosta terrestre). In passato era chiamato dai minatori “rame del diavolo” o “rame bianco” poiché ritenuto di poco valore rispetto al rame.

Il Nichel è un metallo presente in diversi minerali, nei suoli (compresi i fondali dell’oceano) e tra i componenti delle emissioni vulcaniche. In gran parte, è utilizzato nell’industria per la produzione di acciaio inox dal quale ne derivano apparecchiature varie.

Infatti, molti oggetti che si utilizzano nella quotidianità contengono Nichel,  come ad esempio : gioielli, cinturini per orologi, chiusure per indumenti (cerniere, bottoni automatici), fibbie per cinture, monete, telefono cellulare, chiavi, Laptop o tablet per computer e sigarette elettroniche. Alcune persone estremamente sensibili possono avere delle reazioni allergiche scatenate anche da cibi contenenti nichel.

Allergia al Nichel: cause, sintomi, diagnosi

L’esposizione della popolazione al Nichel avviene principalmente attraverso: 

  • ingestioni di alimenti, 
  • acqua potabile, 
  • contatto diretto della pelle con oggetti in metallo contenenti nichel, 
  • inalazione di aria contaminata o attraverso il fumo (attivo e passivo) di tabacco.

L’allergia al Nichel è una delle più difficili da combattere o controllare, poiché questo metallo anche se in quantità ridotte è presente quasi ovunque. La risposta immunitaria scatenata dal Nichel è molto importante e di solito si manifesta sotto forma di Dermatite Allergica da Contatto (DAC). Le donne sono più colpite degli uomini, con una prevalenza che può arrivare oltre il 30%.

Quali sono i segni ed i sintomi dell’allergia al Nichel ?

  • eruzione cutanea o protuberanze sulla pelle,
  • prurito,
  • arrossamento o alterazioni del colore della pelle,
  • macchie di pelle secca che possono assomigliare a un’ustione,
  • vesciche e liquido drenante nei casi più gravi.

Purtroppo la causa esatta dell’allergia al Nichel ancora non è ben nota. Come altre allergie, l’allergia al Nichel si sviluppa quando il sistema immunitario riconosce il Nichel come sostanza dannosa.

Una volta che l’organismo ha sviluppato una reazione ad un particolare agente (allergene) – in questo caso, il Nichel – il sistema immunitario sarà sempre sensibile ad esso

Diagnosi

Il medico di solito può diagnosticare un’allergia al Nichel in base all’aspetto della pelle ed a una recente esposizione a oggetti che potrebbero contenere nichel.

Se la causa dell’eruzione cutanea non è evidente, tuttavia, il medico può raccomandare un patch test (test di allergia per ipersensibilità da contatto). Durante un patch test, quantità molto piccole di potenziali allergeni vengono applicate sulla pelle e coperte con piccoli cerotti. Se è presente l’allergia al Nichel, la pelle sotto il cerotto si infiamma una volta rimosso. 

Allergia al Nichel ed Alimentazione

Seppur sia un metallo, il Nichel, è presente anche nell’organismo umano dove svolge diversi ruoli importanti. In particolar modo, questo metallo agevola lo svolgimento di reazioni biochimiche che regolano il metabolismo di ormoni, grassi e zuccheri. La quantità di Nichel presente nel corpo è di circa 1 grammo e si trova soprattutto in ossa, pancreas e saliva.

Il fabbisogno giornaliero di Nichel del corpo umano è di 100 mircrogrammi ed è completamente coperto dall’alimentazione. 

Tra i falsi miti legati all’allergia al Nichel vi è quello che faccia ingrassare, nulla di più sbagliato. L’allergia al Nichel non determina un aumento della massa grassa, può invece generare evidenti gonfiori che cessano in seguito alla risoluzione del problema. 

Il cibo è considerato una delle principali fonti di esposizione al Nichel per la popolazione generale. Infatti, il Nichel, oltre ad essere presente in prodotti cosmetici, di bellezza ed igiene personale è presente anche in alcuni alimenti, soprattutto di origine vegetale. Nella dieta di un soggetto allergico può causare dermatiti.

Al momento, la lettura scientifica non dà indicazioni molto accurate riguardo questo tipo di allergia per alcune criticità. La mancata definizione di una soglia, pone incertezza su quale sia la dose minima di Nichel in grado di scatenare una risposta allergica.

L’altro problema è che il contenuto di Nichel negli alimenti di origine vegetale cambia in base a diversi fattori, come:

  • la quantità di Nichel presente nel suolo,
  • la parte della pianta che viene consumata,
  • la stagione di raccolta.

Tuttavia, si sa abbastanza bene quali siano gli alimenti che hanno un contenuto di Nichel più elevato. L’attenta selezione di cibi con una concentrazione di Nichel relativamente bassa può ridurre il rischio di reazioni allergiche in individui sensibili. 

Quali sono gli alimenti con maggiore contenuto di Nichel?

In caso di positività agli esami, si procede con l’eliminare dalla mangia per un periodo limitato gli alimenti con maggiore contenuto di Nichel. Il periodo di esclusione è variabile secondo la sensibilità del soggetto.  

Gli alimenti contenenti Nichel tra cui albicocche, cavoli, spinaci, arachidi, carote, pomodori, ostriche, fichi, cipolle, asparagi, lenticchie, farina di grano intero, fagioli, liquirizia, pere cotte e crude, funghi, mais, lattuga, piselli, mandorle, tè, aragosta, margarina, cacao e cioccolato, avocado, mirtilli, avena, grano saraceno, noci e nocciole, broccoli, patate, lievito in polvere, ma anche alimenti cotti o conservati in recipienti di metallo (ad eccezione dell’alluminio).

Altri fattori che possono incidere in misura rilevante sull’assunzione giornaliera del metallo tramite la dieta sono:

  • utilizzo di utensili, pentole e posate in leghe contenenti Nichel;
  • contatto prolungato di alimenti, specie se acidi, con le pareti di contenitori e pentole contenenti nichel;

Un’alta concentrazione di Nichel si trova talvolta negli alimenti trasformati. Si tratta di Nichel libero, prelevato dall’acciaio inossidabile utilizzato nella fabbricazione di attrezzature e contenitori.

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