Alimenti e Proprietà Archives - Pagina 2 di 2 - Ludovico Palma Nutrizionista

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12 Marzo 2024

Tra le vitamine liposolubili ve n’è una particolarmente importante per la coagulazione del sangue ed altre importanti funzioni: la vitamina K.  Le vitamine liposolubili sono quelle che si sciolgono nei grassi, vengono accumulate nel nostro corpo e rilasciate poco alla volta ed all’occorrenza.  Come tutte le vitamine anche la K è necessaria in piccole quantità, avendo una dieta bilanciata e varia si assume direttamente dal cibo. Il fabbisogno giornaliero di vitamina K per gli adulti è 140 microgrammi

La vitamina K è coinvolta nella formazione all’interno del fegato di fattori che contribuiscono alla coagulazione del sangue, come ad esempio la protrombina. Questo garantisce un’appropriata rimarginazione delle ferite. Inoltre, la vitamina K è coinvolta come coenzima nella produzione di proteine del metabolismo osseo e quindi nel rinforzo della struttura ossea.

Dove si trova ?

La vitamina k viene talvolta classificata dividendosi in tre sottocategorie:

  1. La vitamina K1 o fillochinone, abbondante nella nostra diete e presente in alimenti di origine vegetale ed in particolare a foglia larga, spinaci, cavoli, cime di rapa, ma anche pomodori o fegato. Questo tipo di vitamina viene scarsamente assorbita dal nostro organismo, circa un 10%. 
  1. La vitamina K2 o menachinone, è prodotta dai batteri presenti nell’intestino a partire proprio dal fillochinone o vitamina k1 e dalla fibra alimentare. Tuttavia si trova anche in alimenti fermentati come yogurt e  formaggi oppure nelle uova e nel burro. Questo tipo di vitamina è molto più bio-disponibile a differenza della k1 così quasi completamente assorbita. 
  2. La vitamina K3 o menadione idrosolubile, prodotta sinteticamente e presente nei farmaci che intervengono direttamente nella gestione della coagulazione del sangue.

Alimenti ricchi di vitamina k

La vitamina K come già accennato è presente maggiormente in alcuni alimenti caratteristici, vediamone insieme altri in maniera più dettagliata. 

Ad esempio la Vitamina K1 è presente soprattutto in verdure a foglia verde come: spinaci, broccoli, finocchi, broccoletti di bruxelles, lattuga , cicoria, cime di rapa, cavolo nero, bieta a coste, crescione dente di leone. Oltre a queste verdure si può trovare anche nel tè verde, nei legumi, negli oli vegetali, nella frutta fresca ed in quella secca (ad esempio pistacchi, prugne secche, kiwi, ribes, uva). Anche l’avocado ha un buon contenuto di vitamina K.

Anche prezzemolo e basilico hanno un contenuto di vitamina k molto elevato, così anche utilizzandone poco si contribuisce all’introduzione di corretti apporti. 

La vitamina K è liposolubile, è presente nella matrice alimentare così anche quando i cibi sono cotti lungamente o bolliti la vitamina non viene denaturata. E’ comunque consigliabile metodi di cottura più rapidi e meno aggressivi.

Carenze ed eccessi

Incorrere in carenze di vitamina K è abbastanza raro proprio per la capacità del nostro organismo di produrla a livello intestinale. E’ necessario però che il microbiota intestinale funzioni bene, così è importante introdurre cibi ricchi di fibre e consumare spesso alimenti con prebiotici

La deficienza di vitamina K è rara ma può determinare problemi di coagulazione del sangue e aumento del sanguinamento, fratture ossee, osteoporosi e artrosi. 

La carenza è frequentemente associata a patologie che ne impediscono un corretto assorbimento intestinale o dopo lunghe cure antibiotiche. 

L’eccesso di vitamina è altrettanto raro negli adulti, i sintomi possono essere: trombosi, anemia, vomito, sudorazione eccessiva, vampate di calore. Nei neonati può esserci un eccesso in seguito ad assunzione di multivitaminici e il sintomo è l’itterizia. 

Infine, è importante sapere che se si stanno assumendo farmaci anticoagulanti (fluidificanti del sangue), la vitamina K nella dieta può influenzare l’efficacia di questi medicinali. E’ quindi opportuno che, seguiti da medico o nutrizionista, ci siano cambiamenti nella dieta per far funzionare adeguatamente la terapia.

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7 Marzo 2024

I legumi sono i frutti delle piante leguminose, di solito in forma fresca e secca. Tra i legumi rientrano : il fagiolo, la lenticchia , il cece, la cicerchia, la fava, i lupini, la soia ed il pisello. Anche i fagiolini e fagioloni sono legumi ma si preferisce includerli nelle verdure perché il baccello è molto più sviluppato dei semi. Infatti, queste varietà sono meno ricche di proteine ed anche il loro apporto energetico è simile a quello delle verdure essendo più ricche di acqua. 

Il profilo nutrizionale dei legumi li rende degli alimenti cardine della dieta mediterranea, troppo spesso invece sono dimenticati nella quotidianità. Sono componenti importanti di una dieta sana e preventiva verso malattie croniche come quelle cardiovascolari, l’obesità, il diabete ed il cancro. Per di più, i legumi hanno un basso costo economico e maggior sostenibilità ambientale rispetto ad altri alimenti con contenuto medio alto di proteine. 

Proprietà nutrizionali dei legumi

I legumi hanno un apporto energetico non molto elevato, di solito in media dalle 250/300 kcal ogni 100 gr per quelli secchi. Mentre i legumi freschi a parità di peso hanno un apporto ancora più basso, almeno la metà, ed anche le virtù nutrizionali diminuiscono. Infatti i valori nutrizionali di carboidrati e proteine per i legumi secchi sono rispettivamente il 40-65 % e 25-35%.  Mentre gli stessi valori per i legumi freschi sono almeno da dimezzare. Per quanto riguarda i grassi il quantitativo e l’apporto energetico è pressoché trascurabile. 

Quindi i legumi sono una fonte importante di carboidrati di diverso tipo come l’amido, i pentosani e destrine oltre che di fibra. Nella buccia dei legumi sono presenti degli oligosaccaridi che non sono digeriti dall’intestino né degradati in cottura e possono fermentare nel colon provocando fastidi. Utilizzare legumi o decorticati o passati potrebbe attenuare questi fastidi.

Proteine nei Legumi

I legumi sono anche fonte di proteine, ci sono molti aminoacidi essenziali come la lisina, il triptofano, la valina e la treonina. Purtroppo ne mancano altri per essere una fonte proteica completa, in particolare vi è una carenza di aminoacidi solforati ( metionina e cisteina).  

Tra i legumi che hanno più proteine e meno carboidrati vi è la soia,  circa 37 g di proteine e 23 gr di carboidrati per 100 g di prodotto secco. Per questo è uno dei legumi preferibili per chi sostiene un regime alimentare vegetariano o vegano.  Anche i lupini possono essere un’ottima fonte proteica (36,2 g di proteine/100 g) ma hanno un contenuto più alto di carboidrati.

Carboidrati nei legumi

Alcuni legumi secchi hanno poi un buon contenuto di carboidrati complessi, in particolare i fagioli sono quelli più ricchi: contengono 61.9 g di carboidrati complessi. Seguono le fave con 60.3 g e le lenticchie con 58 g.

Micronutrienti nei legumi

I legumi sono anche una buona fonte alimentare di minerali tra cui il ferro, lo zinco e il rame. I Fagioli e la soia sono particolarmente ricchi in minerali, soprattutto ferro e calcio. Il ferro presente nelle fonti vegetali (ferro non-eme) presenta in generale una biodisponibilità più bassa rispetto al ferro presente nella carne e nel pesce che per buona parte è ferro eme. La biodisponibilità del ferro vegetale tuttavia può essere aumentata da altri componenti della dieta. Ad esempio, associare succo di limone o altre fonti di vitamina C presenti nella frutta e nei vegetali, aumenta l’assorbimento del ferro non-eme.

I legumi apportano anche vitamine del gruppo B come tiamina, niacina, biotina.

Antinutrienti dei Legumi

Nei legumi sono presenti dei composti come i tanni o fitati che legano i minerali , in particolare ferro e zinco, riducendo l’assorbimento. Già attraverso l’ammollo e la cottura si limita la capacità di tali composti di legare micronutrienti. 

Anche altri composti antinutrienti, come le lectine e la faseolamina, sono in grado di limitare l’assorbimento e la digestione di nutrienti importanti come l’amido.

Dimagrimento e attività sportiva

I legumi sono ottimi alleati del dimagrimento, hanno una bassa densità energetica e un buon quantitativo di fibra insolubile. Queste caratteristiche sono importanti nel momento in cui è presente un deficit energetico perché garantiscono un buon senso di sazietà evitando attacchi di fame.

I legumi sono un ottimo alimento, si possono mangiare ogni giorno ammesso che si abbia una buona tolleranza intestinale dell’alimento. Nelle persone che soffrono di disturbi intestinali ( reflusso gastroesofageo, colite ulcerosa, etc.)ovviamente sono invece un alimento da ridurre o in casi estremi da eliminare. I legumi rappresentano una base imprescindibile per alimentazioni vegetariane e vegane, garantiscono un buon apporto proteico, di carboidrati e fibra , pochissimi zuccheri e grassi. 

Di solito la porzione di riferimento sono 50-60 gr per quanto riguarda quelli secchi. 

Infine, i legumi sono una buona idea per un pasto sia prima che dopo l’allenamento: 

  • Prima garantiscono energia per lo sforzo che si andrà a compiere, soprattutto in abbinamento con altre fonti di carboidrati come la pasta, i cereali o il pane.
  •  Dopo l’allenamento i carboidrati aiutano a ripristinare il glicogeno muscolare e aiutano la sintesi proteica essenziale per il recupero muscolare. 

Ricette e abbinamenti in cucina

I legumi sono un ingrediente tipico e caratteristico della tradizione mediterranea, nella quale ci sono buonissime ricette tipiche come ad esempio : 

  • pasta e fagioli, 
  • risi e bisi, 
  • ribollita, 
  • ceci e baccalà, 
  • macco di fave. 

I cereali e i legumi hanno svolto da sempre un ruolo fondamentale nell’alimentazione umana come fonte di nutrienti e di energia. In caso di una sensibilità ai legumi e fastidi  intestinali si consiglia di usare prodotti decorticati, o eliminare le bucce dei legumi usando un passaverdure. Così facendo si aiuta la digestione anche per i bambini più piccoli. Il semplice utilizzo del frullatore invece non è sufficiente in quanto le bucce ed i composti causa del problema rimangono. 

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31 Marzo 2023

La vitamina D è una vitamina liposolubile, ossia che si scioglie nei grassi. Questa vitamina si accumula nel fegato ed il corpo la fornisce in piccole quantità quando è necessario.

Ci sono due forme principali di vitamina D, ergocalciferolo o vitamina D2  ed il colecalciferolo o vitamina D3. Entrambe le forme non sono attive, per cui necessitano di un’attivazione che avviene nel fegato e nei reni. L’uomo è capace di sintetizzare vitamina D3 in seguito ad esposizione solare, tramite i raggi Uv-B. 

La vitamina D è un nutriente di cui il corpo ha bisogno per costruire e mantenere ossa sane. Questo perché il corpo può assorbire il calcio, il componente principale delle ossa, solo quando è presente la vitamina D. Infatti, la funzione principale e più nota della vitamina D è quella di favorire il processo di mineralizzazione dell’osso, aumentando l’assorbimento intestinale di fosforo e calcio, e diminuendo l’escrezione di calcio nell’urina.

Però la vitamina D regola anche molte altre funzioni cellulari nell’organismo. Le sue proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e neuroprotettive supportano il sistema immunitario, la funzione muscolare e l’attività delle cellule cerebrali.

Che cos’è ed in quali alimenti si trova

La vitamina D non si trova in molti alimenti ed in quantità così elevate.  Ad esempio si può trovare, in cibi come : 

  • pesci grassi (salmone, sgombro, sardine, tonno, aringhe, frutti di mare) 
  • latte e derivati, 
  • carne come il fegato bovino (contiene 0,5 µg per ogni 100 g),
  • uova. 

In alcuni alimenti, ad esempio latte o cereali, la vitamina viene aggiunta nella fase di produzione, tali cibi vengono detti fortificati. Questo può essere un modo per aumentare gli introiti di tale vitamina soprattutto per chi segue una dieta vegana. 

Tuttavia, la maggiore quantità che si può produrre è quella sintetizzata dal nostro organismo. Il corpo la produce soprattutto quando la luce solare diretta converte una sostanza chimica nella pelle in una forma attiva della vitamina (calciferolo).

Ma la quantità prodotta dalla pelle dipende da molti fattori, tra cui: l’ora del giorno, la stagione, la latitudine e la pigmentazione della pelle.

Quindi a seconda di dove si vive e dello stile di vita, la produzione potrebbe diminuire o essere completamente assente durante i mesi invernali. La protezione solare seppur fondamentale per prevenire tumori della pelle ne può limitare l’assorbimento nei mesi estivi. 

L’integrazione di vitamina D se assunta in dosi appropriate è generalmente considerata sicura. Possono esserci interazioni con farmaci o sostanze, così è opportuno valutare prima un’eventuale carenza per poi integrarla sotto consiglio di medico o nutrizionista.

Fabbisogno giornaliero e carenza di Vitamina D

La carenza di vitamina D è associata a malattie cardiovascolari, sindrome metabolica, diabete mellito di tipo 2, cancro e aumento della mortalità. Inoltre, la carenza di questa vitamina è correlata alla depressione e alla funzione cognitiva compromessa. 

Si considerano sufficienti nella popolazione generale valori uguali o maggiori di 20 ng/ml, ma si raccomandano livelli uguali o superiori a 30 ng/ml.

Il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia a seconda dell’età. La quantità giornaliera raccomandata è di 400 unità internazionali (UI) per i bambini fino a 12 mesi di età. Per le persone di età compresa tra 1 e 70 anni 600 UI e 800 UI per le persone di età superiore ai 70 anni. 

L’aumento dell’età e l’aumento della massa grassa corporea contribuiscono ad aumentare il rischio di carenza di vitamina D. Una lieve mancanza può non causare sintomi ma può causare stanchezza e dolori e dolori generali. Una carenza più grave può causare gravi problemi come il rachitismo (nei bambini) e l’osteomalacia (negli adulti).

Nella donna in menopausa il declino degli estrogeni determina un aumento del turnover osseo, una diminuzione della densità minerale ossea e un rischio elevato di fratture. 

Alcune persone sono più a rischio di carenza di vitamina D, e quindi si consiglia di assumere regolarmente integratori. Queste includono tutte le donne incinte e che allattano, tutti i neonati (neonati) e i bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni, le persone di età pari o superiore a 65 anni e le persone che non sono esposte a molto sole.

Quali sono le correlazioni con la salute?

Secondo recenti evidenze scientifiche la vitamina D può avere un impatto ed alcuni vantaggi su alcune condizioni e patologie. Vediamo quali insieme: 

  • Salute cognitiva. La ricerca mostra che bassi livelli di vitamina D nel sangue sono associati al declino cognitivo.
  • Osteoporosi. Le persone che assumono abbastanza vitamina D e calcio nella loro dieta diminuiscono la perdita di minerali ossei, prevenendo l’osteoporosi e riducendo le fratture ossee.
  • Patologie ossee ereditarie ed osteomalacia. Gli integratori di vitamina D possono essere utilizzati per aiutare a trattare questo tipo di disturbi.
  • Sclerosi multipla. La ricerca suggerisce che l’integrazione di vitamina D a lungo termine riduce il rischio di sclerosi multipla.
  • Psoriasi. L’applicazione di vitamina D o di una preparazione topica che contiene un composto di vitamina D sulla pelle può trattare la psoriasi a placche in alcune persone.
  • Rachitismo. E’ una rara condizione che si sviluppa nei bambini con carenza di vitamina D. L’integrazione può prevenire e curare il problema.

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23 Febbraio 2023

La vitamina B-12 o Cobalamina è una vitamina idrosolubile (solubile in acqua) e non accumulabile nell’organismo per cui si deve regolarmente assumere con l’alimentazione. Di questo gruppo di vitamine, oltre alla B12, fanno parte le altre vitamine del gruppo B, la vitamina C, H  e PP. 

Le vitamine sono classificate come micronutrienti, di diversa composizione, essenziali  per la salute e che regolano molte reazioni metaboliche agendo soprattutto da coenzimi. 

Casi di carenza di vitamina B12 sono rari e si presentano maggiormente quando si segue una dieta vegana o vegetariana più povere di tale vitamina. E’ sempre bene consultare il proprio medico o nutrizionista per sapere come bilanciare gli alimenti nella dieta e non incorrere così in deficit. 

In quali Alimenti si trova

La vitamina B-12 svolge un ruolo essenziale nella formazione dei globuli rossi, nel metabolismo cellulare, nella funzione nervosa e nella produzione di DNA, le molecole all’interno delle cellule che trasportano le informazioni genetiche. 

Le principali fonti alimentari di vitamina B12 includono: 

  • pollame, 
  • carne e uova, 
  • pesce 
  • latticini. 

Come si può capire dal breve elenco la vitamina B12 è presente quasi esclusivamente in alimenti di origine animale. Tuttavia può essere anche aggiunta ad alcuni alimenti, come i cereali per la colazione fortificati, ed è disponibile come integratore orale. 

Alcuni alimenti di origine vegetale ( alcune alghe, il lievito di birra, il tempeh, la kombucha.)  contengono piccole quantità di B12. Oltre ad essere quantità insufficienti a coprire i fabbisogni, la vitamina B12 presente in questi alimenti non è purtroppo assimilabile dal nostro organismo. 

Carenza di vitamina b-12

La carenza di vitamina B12 non è così frequente, almeno non in paesi dove non vi siano problemi di malnutrizione. Come precedentemente accennato chi segue diete strettamente vegetariane o vegane dovrebbe porre più attenzione ad alimenti contenenti questa vitamina ed a valutarne il dosaggio.

Anche gli anziani e le persone con disturbi del tratto digerente che influenzano l’assorbimento dei nutrienti sono suscettibili alla carenza di vitamina B12. La capacità di assorbimento di questa vitamina può essere compressa anche dall’assunzione di alcuni farmaci.

Se non trattata, una carenza di vitamina B12 può portare: 

  • anemia, 
  • affaticamento, 
  • debolezza muscolare, 
  • problemi intestinali, 
  • danni ai nervi e disturbi dell’umore.

La quantità giornaliera raccomandata di vitamina B12 per gli adulti è di 2,4 microgrammi. Le donne in stato di gravidanza devono però assumerne un quantitativo quasi doppio, così da fornire il giusto quantitativo al feto.

La maggior parte delle persone assume sufficiente vitamina B-12 da una dieta variata ed equilibrata. Tuttavia, le persone che hanno condizioni che influenzano la capacità di assorbire ed assumere in adeguate quantità la vitamina B12 dagli alimenti potrebbero trarre beneficio dall’uso di integratori orali. Integratori di vitamina B12 sono consigliati anche per donne in gravidanza o che allattano  e seguono diete vegetariane o vegane. 

Prima di integrare è sempre bene consultare il proprio medico o nutrizionista e capire se vi è o meno deficit di vitamina B12. Il corpo assorbe solo la quantità di cui ha bisogno e l’eventuale eccesso passa attraverso l’urina per questo ha senso fare un’integrazione solo se realmente necessaria.

Sei alla ricerca di una figura professionale a cui fare riferimento, per risolvere insieme le tue problematiche? Richiedi una consulenza!

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27 Luglio 2021

Il peperoncino è un frutto antichissimo, usato come alimento curativo già dalle popolazioni vissute millenni prima di Cristo. Ad esempio in Messico, circa 7000 anni fa, veniva impiegato per curare le ferite, le infezioni ed anche per conservare gli alimenti. Nel nostro continente la comparsa risale a tempi più recenti, con la seconda spedizione di Cristoforo Colombo. Nella cultura occidentale siamo abituati ad utilizzare questo frutto come una spezia che rende le pietanze piccanti e più gustose. Il peperoncino ha diverse proprietà e benefici oggetto di molti studi scientifici per confermarne la veridicità.

La pianta e le sue proprietà

Il nome scientifico del peperoncino è Capsicium, deriva probabilmente dal greco “kapto” che significa mordo,mangio avidamente, per la sua dote di aumentare l’appetito. Il peperoncino è una pianta annuale che fa parte della famiglia delle Solanacee, la stessa dei peperoni. La caratteristica principale del peperoncino è il gusto piccante dato dalla presenza di una molecola, la capsaicina, presente in concentrazioni differenti a seconda delle varietà. È sicuramente più intensa nel frutto fresco, mentre è più debole in quello essiccato a causa della sua volatilità.  

Il peperoncino possiede sostanze coloranti , i carotenoidi, che ne determinano il colore delle bacche: verdi, rosse, giallo, arancioni, marroni e quasi nere.

Quali sono i peperoncini più piccanti?

La piccantezza di un peperoncino si indica utilizzando la scala di Scoville che misura la quantità di capsaicina contenuta, variabile da 0 a 16 milioni di unità.

Quali sono attualmente i peperoncini più piccanti?

  • Pepper X, è un peperoncino di intensità 3.180.000 unità Scoville, valore che lo rende il peperoncino più piccante al mondo (non confermato dal Guinness dei primati);
  • Dragon’s Breath, secondo peperoncino più piccante di sempre con intensità di 2 480 000 unità Scoville;
  • Carolina reaper, questo peperoncino è entrato nel Guinness dei primati come peperoncino più piccante al mondo nel 2013. Raggiunge una piccantezza media di 1.569.300 unità di Scoville.
Carolina reaper, entrato nel Guinness dei primati come peperoncino più piccante al mondo

Peperoncino: proprietà nutrizionali e benefici

Da un punto di vista nutrizionale il peperoncino ha un basso apporto energetico, 30 kcal per 100 gr. I macronutrienti presenti maggiormente sono i carboidrati (3.8 gr per 100 gr) , le proteine sono molto scarse così come i lipidi. Tra i micronutrienti quelli più presenti sono minerali e vitamine come il potassio, la vitamina C e la vitamina A.

La capsaicina, che si concentra nei frutti e nei semi del frutto, è nota per le sue proprietà benefiche:

  • Digestive: aumenta la secrezione di salive e succhi gastrici e diminuisce la presenza di gas nell’intestino;
  • Antiossidanti, per la presenza della vitamina C;
  • Antibatteriche, sembrerebbe di poter inibire a concentrazione neanche troppo elevate colonie di salmonella e colibacilli;
  • Anestetiche: sembra che già i Maja e gli Incas lo utilizzassero per curare il mal di denti. Non viene percepito dolore nella zona dove viene applicata la capsaicina.

Peperoncino , controindicazioni dietetiche

Il peperoncino non è consigliato quando sono presenti patologie esofagee, gastriche e intestinali. Si consiglia di fare particolarmente attenzione in caso di acidità di stomaco, reflusso gastroesofageo, gastrite, ulcera, colon irritabile ed emorroidi.


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15 Ottobre 2020

Il latte materno è pratico, semplice, in una parola: perfetto. La maggior parte dei bambini, infatti, non ha bisogno di altri alimenti o bevande fino a sei mesi compiuti.

I benefici dell’allattamento al seno sono da tempo riconosciuti. L’allattamento al seno aiuta il piccolo a crescere e svilupparsi nel modo migliore, e mantiene i suoi vantaggi anche nel tempo.

L’OMS considera l’allattamento uno degli obiettivi prioritari di salute pubblica a livello mondiale (http://https:/www.who.int/topics/breastfeeding/en/ ).

È importante, inoltre, che il latte materno rimanga la scelta prioritaria anche dopo l’acquisto di alimenti complementari, fino ai due anni di vita ed oltre, e comunque finché mamma e bambino lo desiderino.

L’allattamento rafforza il legame fra madre e figlio e li accompagna in quel percorso affascinante che è la conoscenza reciproca.

Perché preferire il latte materno e l’allattamento al seno ?

Il latte materno protegge da infezioni e infiammazioni, contribuisce alla maturazione immunitaria, allo sviluppo degli organi e alla colonizzazione microbica sana.

Il latte umano fornisce tutta l’energia e le sostanze nutritive di cui il bambino ha bisogno per i primi mesi di vita.

L’allattamento garantisce almeno la metà dei fabbisogni nutrizionali del bambino nella seconda metà del primo e nell’inizio del secondo anno di vita.

I bambini allattati al seno hanno meno probabilità di essere in sovrappeso o obesi e meno inclini al diabete. Le donne che allattano hanno anche un rischio ridotto di cancro al seno e alle ovaie.

Fasi dell’allattamento e maturazione del latte materno :

  1. Colostro

Il latte umano cambia nella composizione dal colostro alla lattazione tardiva e varia in base all’alimentazione, tra madri e popolazione.

Il primo fluido prodotto dalle madri dopo il parto è il colostro.    Prodotto in basse quantità nei primi giorni dopo il parto si distingue per volume, aspetto e composizione.  Il colostro,  è ricco di componenti immunologici come IgA secretorie, lattoferrina, leucociti, nonché fattori di sviluppo come il fattore di crescita epidermico.  Il colostro contiene concentrazioni relativamente basse di lattosio, indicando che le sue funzioni primarie sono immunologiche piuttosto che nutrizionali.

2. Latte di transizione

Da 5 giorni a due settimane dopo il parto si forma il latte di transizione che condivide alcune delle caratteristiche del colostro. Si differenzia invece per un aumento della produzione di latte che supporta le esigenze nutrizionali e di sviluppo del bambino in rapida crescita.

3. Latte maturo

Dopodiché il latte è considerato in gran parte maturo. Da quattro a sei settimane dopo il parto, il latte umano è considerato completamente maturo e rimane relativamente simile nella composizione.

Composizione del latte umano:

Macronutrienti:

I componenti nutrizionali del latte umano derivano da tre fonti: dei nutrienti del latte hanno origine dai lattociti, alcuni sono di origine alimentare, altri provengono dalle scorte materne.

Nel complesso, la qualità nutritiva del latte umano è altamente conservata, ma l’attenzione alla dieta materna è importante per alcune vitamine e per la composizione in acidi grassi.

Si stima che la composizione media dei macronutrienti del latte maturo sia:

  • 0,9 e 1,2 g / dL per le proteine
  • 3,2 e 3,6 g / dL per i grassi
  • 6,7 ​​e 7,8 g / dL per il lattosio.

Le stime energetiche variano da 65 a 70 kcal / dL e sono altamente correlate con il contenuto di grassi del latte umano.

Le proteine ​​più abbondanti sono caseina, α-lattoalbumina, lattoferrina, immunoglobuline secretorie IgA, lisozima e albumina sierica.

Il grasso del latte umano è caratterizzato da un alto contenuto di acido palmitico e oleico. Il grasso è il macronutriente del latte più variabile.

Il principale zucchero del latte umano è il lattosio. La concentrazione di lattosio nel latte umano è la meno variabile tra i macronutrienti. Quantità più elevate di lattosio si trovano nel latte delle madri che producono quantità maggiori di latte.

Micronutrienti:

I micronutrienti variano a seconda della dieta materna e delle riserve corporee  comprese le vitamine A, B1, B2, B6, B12, D e iodio.

Molecole bioattive :

Il latte umano contiene numerosi fattori di crescita che hanno effetti sul tratto intestinale, sistema vascolare, nervoso ed endocrino.

Dieta ed apporti energetici:

L’allattamento comporta per la mamma un aumento dei fabbisogni energetici e nutrizionali (la produzione del latte è più gravosa della gravidanza in termini nutrizionali).

Le richieste caloriche per una donna durante l’allattamento dipendono dalla quantità di latte prodotto e dalle riserve caloriche accumulate sotto forma di tessuto adiposo.

Il costo energetico supplementare dell’allattamento è stimato fra le 450 e le 560 chilocalorie al giorno, fino al sesto mese.